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Apuleio
Metamorfosi (l'asino d'oro), X, 13
 
originale
 
13. At ego tunc temporis talibus fatorum fluctibus volutabar. Miles ille, qui me nullo vendente comparaverat et sine pretio suum fecerat, tribuni sui praecepto debitum sustinens obsequium, litteras ad magnum scriptas principem Romam versus perlaturus, vicinis me quibusdam duobus servis fratribus undecim denariis vendidit. Hic erat dives admodum dominus. At illorum alter pistor dulciarius, qui panes et mellita concinnabat edulia, alter cocus, qui sapidissimis intrimentis sucuum pulmenta condita vapore mollibat. Vnico illi contubernio communem vitam sustinebant meque ad vasa illa compluria gestanda praestinarant, quae domini religiones plusculas pererrantis variis usibus erant necessaria. Adsciscor itaque inter duos illos fratres tertius contubernalis, haud ullo tempore tam benivolam fortunam expertus. Nam vespera post opiparas cenas eramque splendidissimo apparatus multas numero partes in cellulam suam mei solebant reportare domini: ille porcorum, pullorum, piscium et cuiusce modi pulmentorum largissima reliquias, hic panes, crustula, lucunculos, hamos, lacertulos et plura scitamenta mellita. Qui cum se refecturi clausa cellula balneas petissent, oblatis ego divinitus dapibus adfatim saginabar. Nec enim tam stultus eram tamque vere asinus, ut dulcissimi illis relictis cibis cenarem asperrimum faenum.
 
traduzione
 
Quanto a me la sorte continuava a sballottarmi di qua e di l?. Quel soldato che mi aveva comprato senza che nessuno mi avesse venduto e s'era appropriato di me senza aver sborsato nemmeno un soldo, fu comandato dal suo tribuno di portare a Roma un messaggio all'imperatore e cos? mi vendette per undici denari a due fratelli del luogo. Costoro erano gli schiavi di un uomo molto ricco: uno era pasticciere e faceva ciambelle e dolcetti al miele, l'altro era cuoco e preparava succulenti bocconcini di carne cotti in salse piccanti. Abitavano insieme e facevano vita in comune. Mi avevano comprato per farmi trasportare i molti utensili, di tutti i generi, che occorrevano al padrone sempre in viaggio da un posto all'altro. Cos? fui accolto dai due fratelli come terzo coinquilino e mai per me vi fu pacchia maggiore. La sera, in fatti, dopo certi pranzetti stupendi, ch'erano uno spettacolo, i miei padroni portavano in camera ogni sorta di avanzi: uno se ne veniva con interi pezzi di maiale, polli, pesce e pietanze di tutte le specie, l'altro con pani vari, pasticcini, ciambelle, biscotti a forma di amo, di lucertola, e squisiti dolci al miele. E cos?, quando i due, chiusa la camera, se ne andavano alle terme per ristorarsi un po', io mi rimpinzavo alla bell'e meglio con quelle delizie piovutemi dal cielo. Mica ero davvero cos? stupido e cos? asino da mangiarmi il mio fieno indigesto e lasciar l? tutte quelle squisitezze.
 

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