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Apuleio
Metamorfosi (l'asino d'oro), X, 17
 
originale
 
17. Magno denique delibutus gaudio dominus, vocatis servis suis, emptoribus meis, iubet quadruplum restitui pretium meque cuidam acceptissimo liberto suo et satis peculiato magnam praefatus diligentiam tradidit. Qui me satis humane satisque comiter nutriebat et, quo se patrono commendationem faceret, studiosissime voluptates eius per meas argutias instruebat. Et primum me quidem mensam accumbere suffixo cubito, dein adluctari et etiam saltares sublatis primoribus pedibus perdocuit, quodque esset adprime mirabile, verbis nutum commodare, ut quod nollem relato, quod vellem deiecto capite monstrarem, sitiensque pocillatore respecto, ciliis alterna conivens, bibere flagitarem. Atque haec omnia perfacile oboediebam, quae nullo etiam monstrante scilicet facerem. Sed verebar ne, si forte sine magistro humano ritu ederem pleraque, rati saevum praesagium portendere, velet monstrum ostentumque me obtruncatum vulturiis opimum pabulum redderent. Iamque rumor publice crebruerat, quo conspectum atque famigerabilem meis miris artibus affeceram dominum: hic est, qui sodalem conivamque possidet asinum luctantem, asinum saltantem, asinum voces humanas intellegentem, sensum nutibus exprimentem.
 
traduzione
 
Allora il padrone che per la gioia non stava pi? nella pelle, chiamati i servi che mi avevano comprato, fece restituir loro il quadruplo della somma pagata e, con mille raccomandazioni, mi affid? alle cure di un suo fedelissimo liberto, per giunta assai danaroso. Costui mi trattava proprio con umanit? e aveva per me un sacco di attenzioni e per ingraziarsi il suo protettore faceva di tutto perch? le mie trovate lo divertissero. E cos? mi insegn? per prima cosa a stare a tavola appoggiato sul gomito, poi a far la lotta, e a ballare tenendo alte le zampe anteriori, infine, cosa davvero straordinaria, a esprimermi per cenni. Cos? quando volevo dir di no io alzavo il capo, quando invece volevo dire di s? lo abbassavo; se avevo sete, per chiedere da bere mi volgevo verso il coppiere e battevo le palpebre. Queste cose io le eseguivo molto facilmente e le avrei sapute fare anche se nessuno me le avesse insegnate, ma temevo che se avessi fatto tutto come un uomo, senza l'aiuto di un maestro, molti l'avrebbero preso come un cattivo presagio e credendomi un mostro o un prodigio mi avrebbero ucciso e lasciato in pasto agli avvoltoi. Intanto, per?, la fama s'era sparsa e grazie alle mie straordinarie abilit?, anche il mio padrone era diventato un uomo in vista: ?Eccolo,? dicevano, ?quello ? l'uomo che ha un asino per amico, un asino che pranza con lui, che fa la lotta, che balla, che capisce i discorsi degli uomini e che si esprime a cenni.?
 

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