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Progetto
Ovidio - database
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autore
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Apuleio
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Metamorfosi (l'asino d'oro), X, 29
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originale
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29. Talis mulieris publicitus matrimonium confarreaturus ingentique angore oppido suspensus exspectabam diem muneris, saepius quidem mortem mihimet volens consciscere, priusquam scelerosae mulieris contagio macularer vel infamia publici spectaculi depudescerem. Sed privatus humana manu, privatus digitis, ungula rutunda atque mutila gladium stringere nequaquam poteram. Plane tenui specula solabar clades ultimas, quod ver in ipso ortu iam gemmulis floridis cuncta depingeret et iam purpureo nitore praeta vestiret et commodum dirrupto spineo tegmine spirantes cinnameos odores promicarent rosae, quae me priori meo Lucio redderent.
Dies ecce numeri destinatus aderat. Ad conseptum caveae prosequente populo pompatico favore deducor. Ad dum ludicris scaenicorum choreis primitiae spectaculi dedicantur, tantisper ante portam constitutus pabulum laetissimi graminis, quod in ipso germinabat aditu, libens adfectabam, subinde curiosos oculos patente porta spectaculi prospectu gratissimo reficiens. Nam puelli puellaeque virenti florentes aetatula, forma conspicui veste nitidi, incessu gestuosi, Graecanicam saltaturi pyrricam dispositis ordinationibus decoros ambitus inerrabant nunc in orbem rotatum flexuosi, nunc in obliquam seriem conexi et in quadratum patorem cuneati et in catervae discidium separati. Ad ubi discursus reciproci multinodas ambages tubae terminalis cantus explicuit, aulaeo subductu et complicitis siparis scaena disponitur.
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traduzione
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Con una donna simile, dunque, io avrei dovuto accoppiarmi pubblicamente. Immaginate con che angoscia, con quale turbamento aspettavo il giorno della mia prestazione. Avrei voluto mille volte morire piuttosto che insozzarmi al contatto con quella scellerata e subire la vergogna di una pubblica rappresentazione.
Ma non avevo mani, non avevo dita, non potevo con il mio zoccolo rotondo e monco stringere una spada.
Mi consolava per? nella mia disperazione un filo di speranza: la primavera, che timidamente tornava a rivestire ogni cosa di turgide gemme, a ricoprire i prati di smaglianti colori, anche le rose sarebbero rifiorite dal loro guscio spinoso e avrebbero sparso intorno il loro soave profumo, le rose che mi avrebbero fatto tornare il Lucio di un tempo.
Venne prima per? il giorno della festa ed io fui condotto in gran pompa magna, fra un codazzo di popolo acclamante, fino alla cinta delle gradinate e dato che la prima parte dello spettacolo era dedicata alle danze e ai giuochi, mentre aspettavo davanti alla porta, mi misi a mordicchiare l'erbetta tenera che spuntava qua e l?, proprio l? sull'ingresso e, di quando in quando, attraverso la porta aperta, ammiravo il bellissimo colpo d'occhio di tutto quello spettacolo.
Giovinetti e fanciulle nel fiore degli anni, tutti assai belli e splendidamente vestiti, avanzando con grazia, s'accingevano a danzare la pirrica alla maniera greca e, in file serrate, compivano eleganti evoluzioni, ora formando cerchi, ora disponendosi per linee oblique o ad angolo a formare un quadrato, ora dividendosi in due schiere. Ma quando uno squillo di tromba pose fine a tutte quelle giravolte e a quei complicati esercizi, le tende furono arrotolate, il sipario venne piegato e apparve la scena.
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