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autore
brano
 
Apuleio
Della magia, 74
 
originale
 
[74] Vtinam hercule possem quae deinde dicenda sunt sine maximo causae dispendio tran[s]gredi, ne Pontiano, cui [h]errorem suum deprecanti simpliciter ignoui, uidear nunc leuitatem exprobrare. confiteor enim, quod mihi obiectum est, eum, postquam uxorem duxerit, a compecti fide desciuisse ac derepente animi mutatum quod antea nimio studio festinarat pari pertinacia prohibitum isse, denique ne matrimonium nostrum coalesceret, quiduis pati, quiduis facere paratum fuisse, quamquam omnis illa tam foeda animi mutatio et suscepta contra matrem simultas non ipsi uitio uortenda sit, sed socero eius eccilli Herennio Rufino, qui unum neminem in terris uiliorem se aut improbiorem aut inquinatiorem reliquit. paucis hominem, quam modestissime potero, necessario demonstrabo, ne, si omnino de eo reticuero, operam perdiderit, quod negotium istud mihi ex summis uiribus conflauit. Hic est enim pueruli huius instigator, hic accusationis auctor, hic aduocatorum conductor, hic testium coemptor, hic totius calumniae fornacula, hic Aemiliani huius fax et flagellum, idque apud omnis intemperantissime gloriatur, me suo machinatu reum postulatum. et sane habet in [h]istis quod sibi plaudat. est enim omnium litium depector, omnium falsorum commentator, omnium simulationum architectus, omnium malorum seminarium, nec non idem libidinum ganearumque locus, lustrum, lupanar, iam inde ab ineunte aeuo cunctis probris palam notus, olim in pueritia, priusquam isto caluitio deformaretur, emasculatoribus suis ad omnia infanda morigerus, mox in iuuentute saltandis fabulis exossis plane et eneruis, sed, ut audio, indocta et rudi mollitia; negatur enim quicquam histrionis habuisse praeter impudicitiam.
 
traduzione
 
Magari io potessi trascurare senza gravissimo danno della mia causa ci? che mi tocca dire: perch? non sembri che io rimproveri oggi Ponziano della sua incostanza, dopo aver sinceramente concesso alle sue preghiere il perdono del fallo commesso. Ma io debbo riconoscere un fatto, di cui si sono serviti contro di me. Ponziano, cio?, dopo il suo matrimonio, manc? di fede ai patti convenuti e subito, mutato animo, ci? che prima aveva con soverchio zelo affrettato, con pari ostinatezza voleva impedire, mostrandosi deciso a sopportare qualunque cosa, a operare qualunque cosa perch? il nostro matrimonio non si compisse. So bene che questo sconcio rivolgimento dell'animo suo, questa sua animosit? contro la madre non ? da attribuire a sua colpa, ma al suocero suo, eccolo l?, a quell'Erennio Rufino, uomo che non uno solo ha lasciato sulla terra pi? vile, pi? malvagio, pi? sozzo di lui. Con poche parole e con ogni possibile temperanza io dovr? rappresentarvi quest'uomo, perch? non voglio, qualora io taccia di lui, ch'egli non sia compensato della grave fatica compiuta nel suscitarmi contro questo processo. ? lui infatti l'istigatore di questo ragazzo, ? lui l'autore dell'accusa, lui l'arrolatore degli avvocati, il compratore dei testimoni, la fornacetta di tutta la calunnia; egli ? la furia infernale di questo Emiliano; e presso tutti si gloria sfrenatamente di avermi trascinato con le sue macchinazioni in tribunale. Su questo campo ha davvero ragione di battersi le mani. Egli ? l'impresario titolato di tutte le liti, ideatore di tutti i falsi, architetto di tutte le frodi, seminario di tutti i vizi, ricettacolo di libidini e di crapule, bordello, lupanare; da bambino famoso per le sue turpitudini; ragazzo, prima che fosse sfigurato da codesta calvizie, condiscendente a tutte le voglie infami dei suoi smascolatori; nella giovent? pantomimo senz'ossa e senza nervi, ma, come sento dire, di una mollezza grossolana e sgarbata: e dell'istrione ? noto ch'egli avesse soltanto l'impudicizia.
 

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