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autore
brano
 
Apuleio
Della magia, 98
 
originale
 
[98] A[i]t ille puellae meretricis blandimentis et lenonis patris illectamentis captus et possessus, exinde ut frater eius animam edidit, relicta matre ad patruum commigrauit, quo facilius remotis nobis coepta perficerentur; fauet enim Rufino Aemilianus et prouentum cupit. -- ehem, recte uos ammonetis: etiam suam spem bonus patruus temperat in isto ac fouet, qui sciat intestati pueri legitimum magis quam iustum heredem futurum. nollem hercule hoc a me profectum; non fuit meae moderationis tacitas omnium suspiciones palam abrumpere; male uos, qui sugge[s]sistis. plane quidem, si [p]uerum uelis, multi mirantur, Aemiliane, tam repentinam circa puerum istum pietatem tuam, postquam frater eius Pontianus est mortuus, cum antea tam ignotus illi fueris, ut saepe ne in occursu quidem filium fratris tui de facie agnosceres. at nunc adeo patientem te ei praebes itaque eum indulgentia corrumpis, adeo ei nulla re aduersare, ut per haec suspicacioribus fidem facias. inuestem a nobis accepisti: uesticipem ilico reddidisti; cum a nobis regeretur, ad magistros itabat: ab iis nunc magna fugela in ganeum fugit, amicos serios aspernatur, cum adulescentulis postremissumis inter scorta et pocula puer hoc aeui conuiuium agitat. ipse domi tuae rector, ipse familiae dominus, ipse magister conuiuio; in ludo quoque gladiatorio frequens uisi[ta]tor nomina gladiatorum et pugnas et uulnera plane quidem ut puer honestus ab ipso lanista docetur; loquitur nunquam nisi Punice et si quid adhuc a matre graecissat; enim Latine loqui neque uult neque potest. audisti, Maxime, paulo ante, pro nefas, priuignum meum, fratrem Pontiani, diserti iuuenis, uix singulas syllabas fringultientem, cum ab eo quaereres, dona[s]setne illis mater quae ego dicebam me adnitente donata.
 
traduzione
 
E il ragazzo si ? lasciato accalappiare dalle carezze cortigianesche della donna e dalle manovre ruffianesche del padre. Appena spirato suo fratello, lasciata la madre, egli si trasfer? in casa dello zio, dove, senza di noi, i disegni di quella gente potevano avere pi? facile successo. Emiliano ? compare di Rufino; e desidera il buon affare. (Qualcuno del pubblico assente: Apuleio raccoglie la interruzione.) S?, ? giusto: mi ci fate pensare: quel bravo zio nella persona del nipote ripone e nutrisce le proprie speranze, giacch? egli sa che se il ragazzo muore intestato, egli ne sar? l'erede, secondo la legge se non secondo giustizia. Sarebbe stato meglio che questo rilievo non fosse venuto da me; non ? conforme alla mia consueta riservatezza svelare i taciti sospetti del pubblico: la colpa ? di voi che avete suggerito. Il fatto ? che molti, Emiliano, si stupiscono per codesta tua improvvisa amorevolezza verso questo ragazzo, dopo la morte del fratello Ponziano, mentre prima gli eri talmente ignoto che neppure quando lo incontravi eri capace di riconoscerne il volto. Ma ora sei cos? condiscendente con lui, indulgi tanto ai suoi vizi, talmente lo assecondi in ogni cosa, da accreditare ogni sospetto. Lo hai ricevuto da noi che era un bambino, ne hai fatto subito un uomo malizioso; quando era sotto la nostra disciplina, frequentava le scuole; ora ne scappa via per andare nei luoghi malfamati; schiva gli amici seri; coi giovinastri della peggiore risma tra sgualdrine e bicchieri egli, un fanciullo di quell'et?, celebra i suoi festini. Lui rettore della tua casa; lui padrone dei tuoi schiavi, lui re del convito; frequentatore assiduo della scuola gladiatoria, si fa insegnare dallo stesso lanista il nome dei gladiatori, i loro scontri, i loro colpi, assolutamente come un bravo ragazzo; non parla mai che in punicio, se anche ritiene ancora dalla madre qualche parola greca: parlare in latino non vuole n? pu?. Hai sentito, Massimo, poco fa - che vergogna! - il mio figliastro, il fratello di Ponziano, giovane facondo, l'hai sentito che a mala pena chioccolava ad una ad una le sillabe, quando gli domandavi se la madre avesse loro fatto quelle donazioni, che io dicevo dovute al mio intervento.
 

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