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Ovidio


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autore
brano
 
Petronio
Satiricon, 14
 
originale
 
[XIV] Contra Ascyltos leges timebat et: "Quis, aiebat, hoc loco nos novit, aut quis habebit dicentibus fidem? Mihi plane placet emere, quamvis nostrum sit, quod agnoscimus, et parvo aere recuperare potius thesaurum, quam in ambiguam litem descendere: Quid faciant leges, ubi sola pecunia regnat, aut ubi paupertas vincere nulla potest? Ipsi qui Cynica traducunt tempora pera, non numquam nummis vendere vera solent. Ergo iudicium nihil est nisi publica merces, atque eques in causa qui sedet, empta probat." Sed praeter unum dipondium, quo cicer lupinosque destinaveramus mercari, nihil ad manum erat. Itaque ne interim praeda discederet, vel minoris pallium addicere placuit ut pretium maioris compendii leviorem faceret iacturam. Cum primum ergo explicuimus mercem, mulier operto capite, quae cum rustico steterat, inspectis diligentius signis iniecit utramque laciniae manum magnaque vociferatione latrones tenere clamavit. Contra nos perturbati, ne videremur nihil agere, et ipsi scissam et sordidam tenere coepimus tunicam atque eadem invidia proclamare, nostra esse spolia quae illi possiderent. Sed nullo genere par erat causa, et cociones qui ad clamorem confluxerant, nostram scilicet de more ridebant invidiam, quod pro illa parte vindicabant pretiosissimam vestem, pro hac pannuciam ne centonibus quidem bonis dignam. Hinc Ascyltos bene risum discussit, qui silentio facto:
 
traduzione
 
14 Invece Ascilto, che aveva paura della legge, mi dice: ?Ma qui chi ci conosce? Chi dar? retta alle nostre parole? Ora che l'abbiamo riconosciuto, io sono dell'avviso di comprarlo il mantello, anche se ? roba nostra, e recuperare il tesoro per un tozzo di pane, senza starci a impelagare in una causa che non si sa come possa andare a finire. Che cosa pu? la legge l? dove regna solo il denaro e dove il poveraccio non la spunta mai? Persino quelli che girano con la bisaccia dei Cinici han l'abitudine qualche volta di vendere la verit? a poche lire. Cos? la giustizia non ? altro che pubblica merce, e il cavaliere seduto tra i giurati approva la vendita?. Ma in tasca non avevamo altro che due soldi per comprarci ceci e lupini. E cos?, per non lasciarci sfuggire la preda, decidiamo di vendere il nostro mantello per una miseria e di rifarci della perdita con un colpo di ben altra portata. Non appena scioriniamo la nostra mercanzia, la donnetta col capo coperto che era insieme al villico, dopo aver esaminato con cura certi ricami, si avventa con le mani sull'orlo del mantello e attacca a urlare ?al ladro, al ladro!?, come un'ossessa. Noi, invece, sconvolti, per non sembrare incerti e succubi, ci buttiamo sulla tunica sbrindellata e lercia, sostenendo con la stessa foga che quello che loro hanno in mano ? roba nostra. Ma tra gli oggetti contesi non c'era paragone: infatti anche i rigattieri accorsi in massa alle urla se la ridevano della nostra indignazione, perch? una parte reclamava un mantello sfarzoso, mentre l'altra, la nostra, voleva indietro una veste rattoppata inutile persino per ricavarne strofinacci. Alla fine Ascilto fu bravo a bloccare le risate e, ottenuto il silenzio, dichiar?:
 

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