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Progetto
Ovidio - database
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autore
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brano
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Petronio
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Satiricon, 58
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originale
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[LVIII] Post hoc dictum Giton, qui ad pedes stabat, risum iam diu compressum etiam indecenter effudit. Quod cum animadvertisset adversarius Ascylti, flexit convicium in puerum et: "Tu autem, inquit, etiam tu rides, caepa cirrata? O? Saturnalia? rogo, mensis December est? Quando vicesimam numerasti? Quid faciat crucis offla, corvorum cibaria. Curabo iam tibi Iovis iratus sit, et isti qui tibi non imperat. Ita satur pane fiam, ut ego istud conliberto meo dono, alioquin iam tibi depraesentiarum reddidissem. Bene nos habemus, at isti nugae, qui tibi non imperant. Plane qualis dominus, talis et servus. Vix me teneo, nec sum natura caldicerebrius, cum coepi, matrem meam dupundii non facio. Recte, videbo te in publicum, mus, immo terrae tuber: nec sursum nec deorsum non cresco, nisi dominum tuum in rutae folium non conieci, nec tibi parsero, licet mehercules Iovem Olympium clames. Curabo longe tibi sit comula ista besalis et dominus dupunduarius. Recte, venies sub dentem: aut ego non me novi, aut non deridebis, licet barbam auream habeas. Athana tibi irata sit curabo, et qui te primus deurode fecit. Non didici geometrias, critica et alogas naenias, sed lapidarias litteras scio, partes centum dico ad aes, ad pondus, ad nummum. Ad summam, si quid vis, ego et tu sponsiunculam: exi, defero lamnam. Iam scies patrem tuum mercedes perdidisse, quamvis et rhetoricam scis. Ecce:
'Qui de nobis? longe venio, late venio: solve me'.
Dicam tibi, qui de nobis currit et de loco non movetur; qui de nobis crescit et minor fit. Curris, stupes, satagis, tanquam mus in matella. Ergo aut tace aut meliorem noli molestare, qui te natum non putat, nisi si me iudicas anulos buxeos curare, quos amicae tuae involasti. Occuponem propitium! Eamus in forum et pecunias mutuemur: iam scies hoc ferrum fidem habere. Vah, bella res est volpis uda! Ita lucrum faciam et ita bene moriar ut populus per exitum meum iuret, nisi te toga ubique perversa fuero persecutus. Bella res et iste, qui te haec docet: mufrius, non magister. didicimus. Dicebat enim magister: 'Sunt vestra salva? Recta domum. Cave circumspicias, cave maiorem maledicas'. At nunc mera mapalia: nemo dupondii evadit. Ego, quod me sic vides, propter artificium meum diis gratias ago."
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traduzione
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58 Finita questa filippica, Gitone, che se ne stava accucciato ai miei piedi, scoppi? anche lui in una risata sguaiata dopo essersi a lungo trattenuto. Non appena l'avversario di Ascilto se ne accorse, attacc? a prendersela col ragazzo e lo assal? con queste parole: ?E tu? Adesso ti metti a ridere anche tu, pezzo di cipolla coi boccoli? Ma cos'?, siamo gi? a Carnevale, ? gi? dicembre? E il tuo cinque per cento quand'? che l'hai pagato? Ma guarda cosa combina 'sto pendaglio da forca, 'sta carogna da corvi. Ci penso io, che Giove ti strafulmini, te e questo qui che non sa tenerti a bada! Possa il pane farmi schifo, se non ? vero che lo lascio stare solo per rispetto al mio compare, liberto pure lui. Altrimenti l'avrei gi? messo a posto come si deve. Noi ce ne stiamo qua bravi bravi, e questi due cretini non sanno farti stare al tuo posto. Ma ? un fatto che il servo ? tale quale il padrone. A stento riesco a trattenermi: eppure sono uno che non si scalda subito, ma quando comincio non mi fermo nemmeno di fronte a mia madre. Bene, razza di chiavica, ci vediamo fuori, brutto carciofo. Che io possa criccare all'istante, se il tuo padrone non lo riduco in poltiglia e non faccio passare anche a te un brutto quarto d'ora, dovessi anche chiamare in causa il padreterno, maledetta miseria. Fidati, quella capoccia di capelli da due soldi non ti servir? a un bel niente n? a te n? a quella mezza calzetta del tuo padrone. Dovrai pure capitarmi a tiro: e non sono pi? io, se non ti tolgo la voglia di prendere per il culo, anche se tu avessi la barba d'oro. Che Atena ti stramaledica, te e quell'altro che per primo ti ha adescato. Io non so di matematica, n? di critica e di tutte le altre insulsaggini, ma le maiuscole le leggo e so dividere per cento tutti i pesi e le misure. Insomma, te la vuoi fare una scommessina? Ecco la mia posta, tira fuori la tua. E anche se mastichi un po' di retorica, ti far? vedere che tuo padre ha buttato via i suoi soldi. Beccati questo:
"Cosa sono? Vado su, vado gi?, indovinami un po' tu".
E ancora: "Chi si muove e fermo sta?"; "Cos'? che cresce e poi si accorcia?". Corri, t'imbamboli, annaspi che sembri un topo finito nel cesso. E allora chiudi il becco e non infastidire chi ? meglio di te e non sa manco che sei nato. A meno che non ti passi per la testa che mi interessi quella bigiotteria che hai alle dita e che hai grattato alla tua troietta. San Trafficone mi protegga! Andiamo al foro a chiedere soldi in prestito, e vedrai se il mio anello non vale di pi? anche se ? solo di ferro! Ah, sei proprio bello con quella faccia di volpe fradicia! Possa io fare un sacco di soldi e morire tanto bene che la gente venga a giurare sulla mia tomba, com'? vero che ti correr? dietro fino alla fine del mondo, foss'anche con la toga messa al rovescio! Gran bell'elemento anche quell'altro che ti insegna 'sta roba, un ciarlatano, altro che maestro! Ai miei tempi le cose non stavano cos?: il maestro ci diceva: "Avete finito? Allora andatevene a casa. Non state a guardarvi intorno e abbiate rispetto degli anziani". Ma oggi son tutte palle e non ce n'? uno che valga un fico secco. Quanto a me, se sono cos? come mi vedi, devo solo dire grazie al padreterno per l'educazione che ho avuto?.
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