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Ovidio


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autore
brano
 
Petronio
Satiricon, 60
 
originale
 
[LX] Nec diu mirari licuit tam elegantes strophas; nam repente lacunaria sonare coeperunt totumque triclinium intremuit. Consternatus ego exsurrexi, et timui ne per tectum petauristarius aliquis descenderet. Nec minus reliqui convivae mirantes erexere vultus expectantes quid novi de caelo nuntiaretur. Ecce autem diductis lacunaribus subito circulus ingens, de cupa videlicet grandi excussus, demittitur, cuius per totum orbem coronae aureae cum alabastris unguenti pendebant. Dum haec apophoreta iubemur sumere, respiciens ad mensam <. . .>. Iam illic repositorium cum placentis aliquot erat positum, quod medium Priapus a pistore factus tenebat, gremioque satis amplo omnis generis poma et uvas sustinebat more vulgato. Avidius ad pompam manus porreximus, et repente nova ludorum remissio hilaritatem hic refecit. Omnes enim placentae omniaque poma etiam minima vexatione contacta coeperunt effundere crocum, et usque ad nos molestus umor accedere. Rati ergo sacrum esse fericulum tam religioso apparatu perfusum, consurreximus altius et "Augusto, patri patriae, feliciter " diximus. Quibusdam tamen etiam post hanc venerationem poma rapientibus, et ipsi mappas implevimus, ego praecipue, qui nullo satis amplo munere putabam me onerare Gitonis sinum. Inter haec tres pueri candidas succincti tunicas intraverunt, quorum duo Lares bullatos super mensam posuerunt, unus pateram vini circumferens "dii propitii " clamabat. Aiebat autem unum Cerdonem, alterum Felicionem, tertium Lucronem vocari. Nos etiam veram imaginem ipsius Trimalchionis, cum iam omnes basiarent, erubuimus praeterire.
 
traduzione
 
60 Ma non possiamo goderci a lungo quelle piroette cos? eleganti, perch? all'improvviso il soffitto si mette a scricchiolare e l'intera sala traballa. Balzo in piedi spaventato, nel timore che dal tetto crolli gi? qualche acrobata. Anche gli altri invitati, non meno esterrefatti di me, alzano gli occhi per vedere quale sia la novit? in arrivo dal soffitto. Ma ecco che allora la volta si spalanca e all'improvviso viene gi? un grosso cerchio (forse tolto da un'enorme botte), lungo il cui intero perimetro erano appese delle corone d'oro e delle boccette di alabastro piene di profumi. Mentre veniamo invitati a prendere quei regali, io mi volto verso la tavola... Ci avevano gi? piazzato un grosso portavivande con sopra delle focaccine: al centro, imponente, un Priapo fatto in pasticceria, reggeva in grembo, secondo l'uso comune, frutti di ogni genere e uva. Al colmo della gola allunghiamo le mani su tutto quel ben di dio, e all'improvviso una nuova invenzione ci riporta il sorriso sulle labbra. Infatti non appena le tocchiamo, da tutte quelle focaccine e da quella frutta schizza fuori dello zafferano che con un getto sgradevole ci arriva fino alla faccia. Pensando che una portata servita con tutta quella parata di simboli avesse qualcosa di sacro, ci alziamo impettiti ed esclamiamo: ?Lunga vita ad Augusto, padre della patria!?. Ma quando ci rendiamo conto che qualcuno, appena finito il brindisi, aveva gi? arraffato dei frutti, ci riempiamo anche noi i tovaglioli, e soprattutto il sottoscritto, cui non sembrava mai di aver gonfiato abbastanza le tasche di Gitone. Nel frattempo entrano tre schiavetti vestiti con delle tuniche bianche e attillate: due piazzano sul tavolo le statue dei Lari con le loro brave medagliette al collo, mentre il terzo porta in giro una brocca di vino gridando: ?Che gli d?i ci siano propizi!? ... Diceva che uno si chiamava Affarone, il secondo Contentone e il terzo Guadagnone. E siccome tutti si mettono a baciare un ritratto al naturale di Trimalcione, non ci sembra affatto bello svignarcela senza esserci adeguati.
 

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