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Progetto
Ovidio - database
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autore
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brano
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Petronio
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Satiricon, 63
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originale
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[LXIII] Attonitis admiratione universis: "Salvo, inquit, tuo sermone, Trimalchio, si qua fides est, ut mihi pili inhorruerunt, quia scio Niceronem nihil nugarum narrare: immo certus est et minime linguosus. Nam et ipse vobis rem horribilem narrabo. Asinus in tegulis.
"Cum adhuc capillatus essem, nam a puero vitam Chiam gessi, ipsimi nostri delicatus decessit, mehercules margaritum, et omnium numerum. Cum ergo illum mater misella plangeret et nos tum plures in tristimonio essemus, subito strigae coeperunt; putares canem leporem persequi. Habebamus tunc hominem Cappadocem, longum, valde audaculum et qui valebat: poterat bovem iratum tollere. Hic audacter stricto gladio extra ostium procucurrit, involuta sinistra manu curiose, et mulierem tanquam hoc loco -- salvum sit, quod tango! -- mediam traiecit. Audimus gemitum, et -- plane non mentiar -- ipsas non vidimus. Baro autem noster introversus se proiecit in lectum, et corpus totum lividum habebat quasi flagellis caesus, quia scilicet illum tetigerat mala manus. Nos cluso ostio redimus iterum ad officium, sed dum mater amplexaret corpus filii sui, tangit et videt manuciolum de stramentis factum. Non cor habebat, non intestina, non quicquam: scilicet iam puerum strigae involaverant et supposuerant stramenticium vavatonem. Rogo vos, oportet credatis, sunt mulieres plussciae, sunt Nocturnae, et quod sursum est, deorsum faciunt. Ceterum baro ille longus post hoc factum nunquam coloris sui fuit, immo post paucos dies freneticus periit."
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traduzione
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63 Rimaniamo tutti a bocca aperta. ?Ci credo s?? commenta Trimalcione ?a questa storia - se c'? ancora qualcosa in cui credere - e ho tutti i peli dritti perch? so benissimo che Nicerone frottole non ne racconta, anzi ? un tipo serio che non ama le chiacchiere. Ma una storia incredibile ve la voglio raccontare anch'io. Un po' come quella dell'asino che vola. Quando avevo ancora una testa di capelli cos?, che da ragazzo io facevo la bella vita, muore il bambino del mio padrone, un ragazzino affettuoso, per dio una perla come non ce ne sono. Mentre quella poveraccia della madre lo stava piangendo e noi eravamo in moltissimi l? intorno a vegliarlo, ecco che all'improvviso sentiamo urlare le streghe. Era come un cane che insegue una lepre. C'era con noi uno della Cappadocia, uno spilungone, tutto muscoli e niente paura, e cos? forte che riusciva a sollevarti un toro imbestialito. Questo qui, allora, impugnata coraggiosamente la spada e proteggendosi con cura la mano sinistra con la veste, si precipita fuori della porta e infilza per bene una di quelle donne, proprio qui nel nel mezzo, che dio me lo conservi! Noi sentiamo un gemito, ma - non ? una bugia, ve lo giuro - delle streghe nemmeno la traccia. Ma appena rientra dentro, il nostro marcantonio si va ad accasciare sul letto col corpo pieno di lividi, come se lo avessero preso a frustate, perch? evidentemente lo aveva toccato una mano stregata. Sprangata la porta, noi ce ne torniamo alla nostra veglia, ma quando la madre fa per abbracciare il corpicino del figlio, mette avanti le mani e trova soltanto un fantoccio di paglia. Niente pi? cuore, niente pi? intestino, niente di niente: era chiaro che le streghe si erano portate via il bambino e al suo posto avevano messo quel fantoccio di paglia. Vi prego, mi dovete credere: esistono realmente queste donne che ne sanno una pi? del diavolo, queste creature della notte che sconvolgono ogni cosa. Del resto quel pezzo di spilungone, dopo il fattaccio, non ha pi? ripreso il suo colorito e, tempo pochi giorni, ? morto pazzo da legare?.
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