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Ovidio


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autore
brano
 
Petronio
Satiricon, 74
 
originale
 
[LXXIV] Haec dicente eo gallus gallinaceus cantavit. Qua voce confusus Trimalchio vinum sub mensa iussit effundi lucernamque etiam mero spargi. Immo anulum traiecit in dexteram manum et: "Non sine causa, inquit, hic bucinus signum dedit; nam aut incendium oportet fiat, aut aliquis in vicinia animam abiciat. Longe a nobis! Itaque quisquis hunc indicem attulerit, corollarium accipiet." Dicto citius de vicinia gallus allatus est, quem Trimalchio iussit ut aeno coctus fieret. Laceratus igitur ab illo doctissimo coco, qui paulo ante de porco aves piscesque fecerat, in caccabum est coniectus. Dumque Daedalus potionem ferventissimam haurit, Fortunata mola buxea piper trivit. Sumptis igitur matteis, respiciens ad familiam Trimalchio: "Quid vos, inquit, adhuc non cenastis? Abite, ut alii veniant ad officium." Subiit igitur alia classis, et illi quidem exclamavere: "Vale Gai ", hi autem: "Ave Gai." Hinc primum hilaritas nostra turbata est; nam cum puer non inspeciosus inter novos intrasset ministros, invasit eum Trimalchio et osculari diutius coepit. Itaque Fortunata, ut ex aequo ius firmum approbaret, male dicere Trimalchionem coepit et purgamentum dedecusque praedicare, qui non contineret libidinem suam. Vltimo etiam adiecit: "canis!". Trimalchio contra offensus convicio calicem in faciem Fortunatae immisit. Illa tanquam oculum perdidisset, exclamavit manusque trementes ad faciem suam admovit. Consternata est etiam Scintilla trepidantemque sinu suo texit. Immo puer quoque officiosus urceolum frigidum ad malam eius admovit, super quem incumbens Fortunata gemere ac flere coepit. Contra Trimalchio: "Quid enim, inquit, ambubaia non meminit se? de machina illam sustuli, hominem inter homines feci. At inflat se tanquam rana, et in sinum suum non spuit, codex, non mulier. Sed hic, qui in pergula natus est, aedes non somniatur. Ita genium meum propitium habeam, curabo domata sit Cassandra caligaria. Et ego, homo dipundiarius, sestertium centies accipere potui. Scis tu me non mentiri. Agatho unguentarius here proxime seduxit me et: 'Suadeo, inquit, non patiaris genus tuum interire.' At ego dum bonatus ago et nolo videri levis, ipse mihi asciam in crus impegi. Recte, curabo me unguibus quaeras. Et, ut depraesentiarum intelligas quid tibi feceris: Habinna, nolo statuam eius in monumento meo ponas, ne mortuus quidem lites habeam. Immo, ut sciat me posse malum dare, nolo me mortuum basiet."
 
traduzione
 
74 Stava pronunciando queste parole, quando arriv? il canto di un gallo. Turbato da quel suono, Trimalcione fa versare del vino sotto il tavolo e anche sulla lampada. Poi, passandosi l'anello alla mano destra, disse: ?Se questo trombettiere ha dato l'allarme non pu? non esserci un buon motivo: mi sa che sta per scoppiare un incendio o qui intorno qualcuno ? l? l? per esalare l'anima. Vade retro da noi! Chi mi trova questo profeta del malaugurio si becca una bella mancia?. Detto fatto: l? dal vicinato gli portano un gallo e Trimalcione ordina di cucinarlo. Sventrato da quel genio d'un cuoco che poco prima aveva trasformato la carne di maiale in pesci e uccelli, il gallo viene messo in pentola, mentre Dedalo ci versa dentro dell'acqua bollente e Fortunata trita sopra il pepe con un macinino di legno. Dopo aver assaggiato un po' anche di questo manicaretto, Trimalcione si rivolge ai suoi schiavi e dice: ?Ma come, voi non avete ancora mangiato? Avanti, sparite e fate venire degli altri a servire?. Entra cos? un nuovo gruppo e, mentre i primi esclamavano: "Statti bene, o Gaio", i nuovi arrivati fecero eco dicendo: "Salute a te, o Gaio". Ma da quel momento il nostro buon umore cominci? a guastarsi, perch? tra i servi appena venuti c'era un ragazzino niente male che Trimalcione, appena lo vede, gli si butta al collo attaccando a sbaciucchiarselo tutto. Ma Fortunata, facendo valere il suo sacrosanto diritto, comincia a inveire contro Trimalcione, dandogli dello sporcaccione e dell'impunito, incapace addirittura di controllare la sua foia. E, per finire, lo chiama "cane". Allora Trimalcione, colpito dall'insulto, per tutta risposta, le tira in faccia un calice. Ma lei, come se ci avesse rimesso un occhio, attacca a strillare e si porta le mani tremanti al viso. Chi ? anche sconvolta ? Scintilla, che si stringe al petto l'amica in lacrime e singhiozzi, mentre un ragazzino pieno di premure le porge una bacinella con dell'acqua fresca e Fortunata ci si piega sopra tra lacrime e gemiti. Trimalcione, invece, senza badarle, prorompe: ?Ma non se lo ricorda cos'era questa baldracca di una canzonettara? L'ho tolta io dal marciapiede e ne ho fatto una signora tra le signore. Lei no, si gonfia come una rana, si crede chiss? chi: ? una testa di legno, altro che una donna! Ma chi ? nato in una capanna non si sogna certo un palazzo. E se solo la mia buona stella mi assiste, ci penso io a domare questa Cassandra in ciabatte! E pensare che avrei potuto avere in moglie una donna con un milione di sesterzi, razza di idiota che non sono altro. E tu lo sai che non racconto frottole. Agatone, il profumiere di una vicina di qui, mi prende da parte e mi dice: "Non vorrai mica lasciar morire cos? la tua stirpe!". E io, da bonaccione che sono e per non sembrare uno sconsiderato, mi sono dato la zappa sui piedi. D'accordo: ma far? in modo che tu mi venga a cercare grattando la terra con le unghie. Anzi, per capire gi? fin da adesso il bel guadagno che ci hai fatto, guarda: Abinna, la sua statua non mi va pi? che la scolpisci sulla mia tomba, perch? non ho nessuna intenzione di farmi del sangue cattivo anche da morto. Anzi, perch? sappia che con me non c'? da scherzare, le proibisco di baciarmi quando sar? cadavere?.
 

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