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Progetto
Ovidio - database
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autore
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brano
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Petronio
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Satiricon, 79
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originale
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[LXXIX] Neque fax ulla in praesidio erat, quae iter aperiret errantibus, nec silentium noctis iam mediae promittebat occurrentium lumen. Accedebat huc ebrietas et imprudentia locorum etiam interdiu obscura. Itaque cum hora paene tota per omnes scrupos gastrarumque eminentium fragmenta traxissemus cruentos pedes, tandem expliciti acumine Gitonis sumus. Prudens enim pridie, cum luce etiam clara timeret errorem, omnes pilas columnasque notaverat creta, quae lineamenta evicerunt spississimam noctem, et notabili candore ostenderunt errantibus viam. Quamvis non minus sudoris habuimus etiam postquam ad stabulum pervenimus. Anus enim ipsa inter deversitores diutius ingurgitata ne ignem quidem admotum sensisset, et forsitan pernoctassemus in limine, ni tabellarius Trimalchionis intervenisset X vehiculis . Non diu ergo tumultuatus stabuli ianuam effregit, et nos per eandem festram admisit. <. . .>
Qualis nox fuit illa, di deaeque,
quam mollis torus! Haesimus calentes
et transfudimus hinc et hinc labellis
errantes animas. Valete curae
mortales. Ego sic perire coepi.
Sine causa gratulor mihi. Nam cum solutus mero remisissem ebrias manus, Ascyltos, omnis iniuriae inventor, subduxit mihi nocte puerum et in lectum transtulit suum, volutatusque liberius cum fratre non suo, sive non sentiente iniuriam sive dissimulante, indormivit alienis amplexibus oblitus iuris humani. Itaque ego ut experrectus pertrectavi gaudio despoliatum torum, si qua est amantibus fides, ego dubitavi, an utrumque traicerem gladio somnumque morti iungerem. Tutius dein secutus consilium Gitona quidem verberibus excitavi, Ascylton autem truci intuens vultu: "Quoniam, inquam, fidem scelere violasti et communem amicitiam, res tuas ocius tolle et alium locum, quem polluas, quaere". Non repugnavit ille, sed postquam optima fide partiti manubias sumus: "Age, inquit, nunc et puerum dividamus".
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traduzione
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79 Non avevamo dietro nemmeno una torcia che ci illuminasse la via, n? il silenzio della notte ormai a met? del suo corso ci faceva sperare nel lume di qualche passante. A tutto questo si aggiungeva il fatto che eravamo ubriachi e non conoscevamo quella zona, dove sarebbe stato difficile districarsi anche in pieno giorno. Cos?, dopo aver girato per quasi un'ora in mezzo a sassi e a pezzi di anfora rotta con i piedi che ci sanguinavano, alla fine riuscimmo a venirne a capo solo grazie all'accortezza di Gitone. Quel furbone, infatti, la sera prima, temendo che da quelle parti ci si potesse perdere anche alla luce del sole, aveva marcato col gesso tutti i pilastri e le colonne, e adesso quei segni che, bianchi com'erano, li si poteva distinguere anche nel cuore della notte, ci indicavano la giusta via. Ma anche alla locanda ci tocc? sudare, perch? la vecchia aveva passato la giornata a riempirsi di vino insieme agli altri clienti, e adesso non si sarebbe svegliata nemmeno dando fuoco alla casa. E forse avremmo passato il resto della notte l? sulla porta, se non fosse passato un corriere di Trimalcione scortato da dieci carri, il quale, senza stare tanto a bussare, scaravent? gi? la porta, permettendoci cos? di entrare attraverso quel varco.
*
Che notte stupenda fu quella, o numi del cielo,
Che letto di fiaba! Uniti nel fuoco dei baci,
Le anime ardenti scambiammo, passandole
di bocca in bocca. Addio, mortali affanni!
Quello s? che fu un dolce morire.
Ma ho ben poco da stare allegro. Appena infatti la sbornia e il sonno mi allentano la presa, Ascilto, sempre pronto a inventarne di nuove, mi porta via il ragazzino nel cuore della notte e se lo trascina nel letto, spupazzandosi alla grande quell'amante non suo: e Gitone, vuoi perch? insensibile all'offesa, vuoi perch? fingeva di non accorgersene, finisce coll'addormentarsi nella braccia di quell'estraneo, con somma indifferenza per ogni umano rispetto. Cos?, quando apro gli occhi e allungando la mano nel letto mi accorgo che il mio tesoro non c'? pi?, rimango l? nel dubbio (ammesso che si debba prestar fede agli innamorati) se valga la pena di trafiggerli con la spada, facendoli cos? passare dal sonno alla morte. Poi per?, scegliendo la soluzione pi? saggia, sveglio Gitone a furia di botte e, fissando Ascilto con aria truce, gli urlo: ?Visto che con questo bel numero hai violato la parola data e l'amicizia che ci legava, levati di torno pi? presto che puoi e vai a fare le tue schifezze da qualche altra parte?.
Ascilto non batte ciglio e, dopo aver diviso d'amore e d'accordo la nostra roba, mi dice: ?Bene, e adesso dividiamoci anche il ragazzino?.
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