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Ovidio


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autore
brano
 
Petronio
Satiricon, 94
 
originale
 
[XCIV] EVMOLPVS AD GITONEM. "O felicem, inquit, matrem tuam, quae te talem peperit: macte virtute esto. Raram fecit mixturam cum sapientia forma. Itaque ne putes te tot verba perdidisse, amatorem invenisti. Ego laudes tuas carminibus implebo. Ego paedagogus et custos, etiam quo non iusseris, sequar. Nec iniuriam Encolpius accipit: alium amat." Profuit etiam Eumolpo miles ille, qui mihi abstulit gladium; alioquin quem animum adversus Ascylton sumpseram, eum in Eumolpi sanguinem exercuissem. Nec fefellit hoc Gitona. Itaque extra cellam processit, tanquam aquam peteret, iramque meam prudenti absentia extinxit. Paululum ergo intepescente saevitia: "Eumolpe, inquam, iam malo vel carminibus loquaris, quam eiusmodi tibi vota proponas. Et ego iracundus sum, et tu libidinosus: vide, quam non conveniat his moribus. Puta igitur me furiosum esse, cede insaniae, id est, ocius foras exi". Confusus hac denuntiatione Eumolpus non quaesiit iracundiae causam, sed continuo limen egressus adduxit repente ostium cellae, meque nihil tale expectantem inclusit, exemitque raptim clavem et ad Gitona investigandum cucurrit. Inclusus ego suspendio vitam finire constitui. Et iam semicinctium stanti ad parietem spondae iunxeram cervicesque nodo condebam, cum reseratis foribus intrat Eumolpus cum Gitone meque a fatali iam meta revocat ad lucem. Giton praecipue ex dolore in rabiem efferatus tollit clamorem, me utraque manu impulsum praecipitat super lectum: "Erras, inquit, Encolpi, si putas contingere posse, ut ante moriaris. Prior coepi; in Ascylti hospitio gladium quaesivi. Ego si te non invenissem, periturus per praecipitia fui. Et ut scias non longe esse quaerentibus mortem, specta invicem quod me spectare voluisti". Haec locutus mercennario Eumolpi novaculam rapit, et semel iterumque cervice percussa ante pedes collabitur nostros. Exclamo ego attonitus, secutusque labentem codem ferramento ad mortem viam quaero. Sed neque Giton ulla erat suspicione vulneris laesus, neque ego ullum sentiebam dolorem. Rudis enim novacula et in hoc retusa, ut pueris discentibus audaciam tonsoris daret, instruxerat thecam. Ideoque nec mercennarius ad raptum ferramentum expaverat, nec Eumolpus interpellaverat mimicam mortem.
 
traduzione
 
94 EUMOLPO A GITONE. ?Beata la mamma tua che ti ha fatto cos?: onore al merito! Non succede spesso che la saggezza sia unita alla bellezza. Perch? tu non debba pensare di aver sprecato il fiato, sappi che in me hai trovato uno che ti vuole bene. Io riempir? le mie poesie con le tue lodi, e sar? tuo maestro e tua guardia del corpo, anche se non lo vorrai. E poi a Encolpio non gli faccio mica un torto: ? innamorato di un altro, lui?. Encolpio poteva ringraziare quel soldato che mi aveva portato via la spada, perch? altrimenti tutta la mia rabbia contro Ascilto l'avrei scaricata sul suo sangue. Il che non sfugg? a Gitone che usc? dalla camera col pretesto di andarsi a prendere un bicchier d'acqua, e cos?, durante questa sua assenza strategica, la rabbia mi sboll? a poco a poco. E quando i nervi mi si distesero un pochino, gli dissi: ?Ascolta, Eumolpo, preferisco che tu ti metta a snocciolare versi, piuttosto che farti venire certe idee. E poi, se tu sei uno che si infoia, io sono un collerico: lo vedi benissimo, caratteri del genere non possono legare. Fa' quindi conto che io sia pazzo, cedi alla mia follia, cio? togliti immediatamente dai piedi?. Sconcertato da questa dichiarazione, Eumolpo, senza indagare sui motivi della mia scenata, con un balzo raggiunse l'ingresso, si tir? dietro la porta e, senza che io me ne rendessi conto, me la chiuse in faccia, portandosi via la chiave per correre a cercare Gitone. Intrappolato l? dentro, decisi di farla finita impiccandomi al soffitto. Avevo gi? legato la cintura alla sponda del letto appoggiato alla parete e stavo gi? per infilare la testa dentro il cappio, quando la porta si spalanc? ed entrarono Eumolpo e Gitone che mi riportarono alla luce della vita impedendomi di compiere quel passo fatale. Soprattutto Gitone che, passando dal dolore alla rabbia in un crescendo isterico, mi affer? con entrambe le mani scaraventandomi sul letto: ?Ti sbagli di grosso? esclam?, ?se credi di potertene morire prima di me: ci ho pensato prima io. Quand'ero in camera di Ascilto, ho cercato di procurarmi una spada, e se non ti avessi trovato mi sarei ucciso buttandomi in qualche burrone. E perch? tu possa renderti conto che la morte non gira alla larga di quelli che la cercano, sta' a vedere quel che tu volevi far vedere a me?. Detto fatto, strappa un rasoio dalle mani del servo di Eumolpo e, dopo essersi assestato un paio di colpi alla gola, crolla a terra ai nostri piedi. Io caccio un urlo di terrore e, buttandomi su di lui, cerco di togliermi anch'io la vita con quello stesso arnese. Ma se Gitone non si era fatto manco un graffio, io non avevo male in nessun punto. E infatti, nell'astuccio c'era un rasoio spuntato e privo di filo, come quelli che usano i garzoni dei barbieri per farsi la mano. Ecco perch? il servo se l'era lasciato prendere senza fare una piega, ed Eumolpo non aveva interrotto quel suicidio farsa.
 

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