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Ovidio


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autore
brano
 
Petronio
Satiricon, 105
 
originale
 
[CV] Excanduit Lichas hoc sermone turbatus et: "Itane, inquit, capillos aliquis in nave praecidit, et hoc nocte intempesta? Attrahite ocius nocentes in medium, ut sciam quorum capitibus debeat navigium lustrari. -- Ego, inquit Eumolpus, hoc iussi. Nec in eodem futurus navigio auspicium mihi feci, sed quia nocentes horridos longosque habebant capillos, ne viderer de nave carcerem facere, iussi squalorem damnatis auferri; simul ut notae quoque litterarum non adumbratae comarum praesidio totae ad oculos legentium acciderent. Inter cetera apud communem amicam consumpserunt pecuniam meam, a qua illos proxima nocte extraxi mero unguentisque perfusos. Ad summam, adhuc patrimonii mei reliquias olent". Itaque ut Tutela navis expiaretur, placuit quadragenas utrique plagas imponi. Nulla ergo fit mora: aggrediuntur nos furentes nautae cum funibus, temptantque vilissimo sanguine Tutelam placare. Et ego quidem tres plagas Spartana nobilitate concuxi. Ceterum Giton semel ictus tam valde exclamavit, ut Tryphaenae aures notissima voce repleret. Non solum era turbata est, sed ancillae etiam omnes familiari sono inductae ad vapulantem decurrurrit. Iam Giton mirabili forma exarmaverat nautas coeperatque etiam sine voce saevientes rogare, cum ancillae pariter proclamant: "Giton est, Giton; inhibete crudelissimas manus; Giton est, domina, succurre". Deflectit aures Tryphaena iam sua sponte credentes raptimque ad puerum devolat. Lichas, qui me optime noverat, tanquam et ipse vocem audisset, accurrit et nec manus nec faciem meam consideravit, sed continuo ad inguina mea luminibus deflexis movit officiosam manum, et: "Salve, inquit Encolpi". Miretur nunc aliquis Vlixis nutricem post vicesimum annum cicatricem invenisse originis indicem, cum homo prudentissimus, confusis omnibus corporis orisque lineamentis, ad unicum fugitivi argumentum tam docte pervenerit. Tryphaena lacrimas effudit decepta supplicio -- vera enim stigmata credebat captivorum frontibus impressa -- sciscitarique summissius coepit quod ergastulum intercepisset errantes, aut cuius iam crudeles manus in hoc supplicium durassent. Meruisse quidem contumeliam aliquam fugitivos, quibus in odium bona sua venissent <. . .>
 
traduzione
 
105 ?Cosa?? salt? su a dire Lica, sconvolto da queste parole. ?Qualcuno si ? fatto tagliare i capelli su questa nave, e per di pi? nel cuore della notte? Portatemi qui subito quelle canaglie, perch? voglio proprio sapere a chi devo tagliare la testa per allontanare il malocchio da questa nave!?. ?Sono io che l'ho ordinato? intervenne Eumolpo, ?e non certo per attirare il malocchio su questa nave (visto che ci viaggio anch'io), ma perch? quelle due fecce avevano i capelli cos? lunghi e scarmigliati che, per non dare l'impressione che la nave si fosse trasformata in una galera, gli ho ordinato di togliersi di dosso tutto quello schifo, ma nel contempo anche perch? senza pi? quella massa di capelli sulla fronte, tutti potessero leggere chiaramente il marchio dell'infamia che si portano dietro. Pensate che oltretutto si stavano mangiando i miei soldi spassandosela con una ganza che avevano in comune. Ed ? proprio a casa di quella l? che ieri notte li ho portati via inondati di vino e di profumo. Per farla breve, hanno ancora addosso l'odore di quei pochi quattrini che mi restano?. * Cos?, per placare il nume protettore della nave, fu deciso di rifilarci quaranta nerbate a testa. E non ci stettero mica a pensare su: alcuni marinai con funi alla mano ci saltano addosso come furie e cercano di placare il dio tutelare col nostro sangue miserabile. Le prime tre nerbate io le ressi con la fermezza di uno spartano. Gitone, invece, alla prima tir? un urlo tanto forte, che Trifena ne riconobbe subito la ben nota voce, e non solo la padrona rimase turbata, ma anche le sue ancelle, colpite dal suono familiare di quell'urlo, si buttarono in massa sul malcapitato. Ma Gitone, bello com'era, aveva gi? disarmato i marinai per conto suo e, anche senza aprir bocca, stava cercando di impietosire i suoi carnefici, quando tutte le ancelle si misero a gridare in coro: ?? Gitone, ? Gitone! Fermi con quelle manacce! ? Gitone, signora, presto!?. Trifena, che aveva capito d'istinto, drizza le orecchie e si precipita dal ragazzo. Quanto a Lica, che mi conosceva benissimo, come se avesse anche lui sentito la mia voce, accorse in coperta e, senza nemmeno guardarmi la faccia e le mani, mi inquadr? subito l'arnese e palpeggiandolo con tocchi premurosi disse: ?Salute a te, Encolpio?. Non c'? quindi da meravigliarsi che la balia avesse riconosciuto Ulisse a vent'anni di distanza solo per una cicatrice, se a quel furbone, nonostante la mia faccia e il resto del corpo fossero resi irriconoscibili dal travestimento, bast? un unico segno di riconoscimento per identificare con tanta precisione l'uomo che lo aveva abbandonato. Trifena, invece, ingannata dal nostro trucco - credeva infatti fosse vera la lettera che avevamo incisa sulla fronte -, scoppi? a piangere e con un filo di voce si mise a chiederci in quale galera fossimo finiti nelle nostre avventure di sbandati, e di chi fossero state le mani che avevano infierito su di noi in quel modo. Per? ammetteva che un po' ce lo meritavamo tutto quel penare, noi che ce l'eravamo svignata infischiandocene delle sue attenzioni...
 

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