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Progetto
Ovidio - database
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autore
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brano
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Petronio
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Satiricon, 109
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originale
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[CIX] Haec ut turbato clamore mulier effudit, haesit paulisper acies, revocataeque ad pacem manus intermisere bellum. Vtitur paenitentiae occasione dux Eumolpos, et castigato ante vehementissime Licha tabulas foederis signat, queis haec formula erat:
"Ex tui animi sententia, ut tu, Tryphaena, neque iniuriam tibi factam a Gitone quereris, neque si quid ante hunc diem factum est, obicies vindicabisve aut ullo alio genere persequendum curabis; ut tu nihil imperabis puero repugnanti, non amplexum, non osculum, non coitum venere constrictum, nisi pro qua re praesentes numeraveris denarios centum. Item, Licha, ex tui animi sententia, ut tu Encolpion nec verbo contumelioso insequeris nec vultu, neque quaeres ubi nocte dormiat, aut si quaesieris, pro singulis iniuriis numerabis praesentes denarios ducenos."
In haec verba foederibus compositis arma deponimus, et ne residua in animis etiam post iusiurandum ira remaneret, praeterita aboleri osculis placet. Exhortantibus universis odia detumescunt, epulaeque ad certamen prolatae conciliant hilaritate concordiam. Exsonat ergo cantibus totum navigium, et quia repentina tranquillitas intermiserat cursum, alius exultantes quaerebat fuscina pisces, alius hamis blandientibus convellebat praedam repugnantem. Ecce etiam per antemnam pelagiae consederant volucres, quas textis harundinibus peritus artifex tetigit; illae viscatis inligatae viminibus deferebantur ad manus. Tollebat plumas aura volitantes, pinnasque per maria inanis spuma torquebat.
Iam Lichas redire mecum in gratiam coeperat, iam Tryphaena Gitona extrema parte potionis spargebat, cum Eumolpus et ipse vino solutus dicta voluit in calvos stigmososque iaculari, donec consumpta frigidissima urbanitate rediit ad carmina sua coepitque capillorum elegidarion dicere:
Quod solum formae decus est, cecidere capilli,
vernantesque comas tristis abegit hiemps.
Nunc umbra nudata sua iam tempora maerent,
areaque attritis ridet adusta pilis.
O fallax natura deum: quae prima dedisti
aetati nostrae gaudia, prima rapis.
Infelix, modo crinibus nitebas
Phoebo pulchrior et sorore Phoebi.
At nunc levior aere vel rotundo
horti tubere, quod creavit unda,
ridentes fugis et times puellas.
Vt mortem citius venire credas,
scito iam capitis perisse partem.
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traduzione
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109 Quando la donna proruppe in queste commosse parole, la mischia cess? per un attimo, e le schiere, richiamate alla pace, interruppero lo scontro. Eumolpo, il nostro capo, coglie al volo quell'attimo di rinsavimento e, dopo aver mosso i rimproveri pi? aspri a Lica, suggella i termini di un trattato, le cui clausole erano le seguenti: ?Nel pieno possesso delle tue facolt? mentali, tu, Trifena, prometti di non lamentarti pi? dell'affronto subito da Gitone, e di non accusarlo, di non vendicartene e di non perseguitarlo in alcun modo per tutto quello che tra di voi c'? stato fino a oggi. Inoltre ti impegni a non pretendere dal ragazzo, qualora non sia pienamente consenziente, che ti abbracci, ti baci, venga a letto con te, pena il pagamento di un'ammenda di cento denari in contanti. Allo stesso modo, tu, Lica, nel pieno possesso delle tue facolt? mentali, ti impegni a non tormentare Encolpio con espressioni ingiuriose o con sguardi sprezzanti, n? cercherai di sapere dove dorma la notte, pena - nel caso in cui tu debba violare ciascuna delle suddette condizioni - un'ammenda di duecento denari in contanti?. Dopo aver concluso il trattato in questi termini, deponiamo le armi e, per evitare che anche dopo il giuramento ci resti un qualche residuo di rancore nell'animo, decidiamo di dimenticare il passato scambiandoci dei baci. Visto che entrambe le parti non vogliono altro, gli odi reciproci si sgonfiano, e un bel banchetto allestito sul luogo dello scontro suggella il ritorno all'armonia nell'ilarit? generale. Tutta la nave risuona di canti e, siccome un'improvvisa bonaccia aveva fatto ridurre la velocit?, alcuni si misero ad arpionare con la fiocina i pesci che saltavano fuori dall'acqua, mentre altri cercavano di tirare su le prede guizzanti servendosi di ami insidiosi. Sull'albero maestro venivano intanto a posarsi degli uccelli marini che un tizio, un vero virtuoso, toccava appena con delle canne preparate apposta, e quelli, rimanendo impigliati, si lasciavano poi catturare con le mani. Le piume leggere vorticavano nell'aria e la schiuma impalpabile del mare le avvolgeva nelle sue spire.
Nel frattempo Lica era di nuovo in buona armonia con me e Trifena stava versando le ultime gocce del suo bicchiere addosso a Gitone, quando Eumolpo, anche lui un po' alticcio, cominci? a raccontare barzellette su calvi e marchiati. Quando poi ebbe esaurito il suo repertorio di scemenze e freddure, torn? ai versi e ci rifil? questa specie di elegia sui capelli:
?Sono caduti i capelli ch'erano il fiore della bellezza,
un triste inverno ha spazzato via le chiome primaverili.
Ora le tempie private dell'ombra perduta si struggono in lacrime,
e il cranio bruciato dal sole perduti i suoi peli sogghigna.
O natura ingannevole dei numi! Le gioie donate per prime
alla vita, per prime le togli.
Poveraccio, un attimo fa splendevi per chiome
pi? bello di Febo e della sorella di Febo.
Adesso pi? liscio del bronzo o del fungo
rotondo cresciuto sotto la pioggia,
pauroso eviti il riso delle fanciulle.
Che la morte rapida arriva te lo dice
quella parte del cranio che t'? gi? morta?.
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