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Progetto
Ovidio - database
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autore
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brano
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Petronio
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Satiricon, 115
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originale
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[CXV] Audimus murmur insolitum et sub diaeta magistri quasi cupientis exire beluae gemitum. Persecuti igitur sonum invenimus Eumolpum sedentem membranaeque ingenti versus ingerentem. Mirati ergo quod illi vacaret in vicinia mortis poema facere, extrahimus clamantem, iubemusque bonam habere mentem. At ille interpellatus excanduit et: "Sinite me, inquit, sententiam explere; laborat carmen in fine". Inicio ego phrenetico manum, iubeoque Gitona accedere et in terram trahere poetam mugientem.
Hoc opere tandem elaborato casam piscatoriam subimus maerentes, cibisque naufragio corruptis utcumque curati tristissimam exegimus noctem. Postero die, cum poneremus consilium, cui nos regioni crederemus, repente video corpus humanum circum actum levi vortice ad litus deferri. Substiti ergo tristis coepique umentibus oculis maris fidem inspicere et: "Hunc forsitan, proclamo, in aliqua parte terrarum secura expectat uxor, forsitan ignarus tempestatis filius, aut patrem utique reliquit aliquem, cui proficiscens osculum dedit. Haec sunt consilia mortalium, haec vota magnarum cogitationum. En homo quemadmodum natat!" Adhuc tanquam ignotum deflebam, cum inviolatum os; fluctus convertit in terram, agnovique terribilem paulo ante et implacabilem Licham pedibus meis paene subiectum. Non tenui igitur diutius lacrimas, immo percussi semel iterumque manibus pectus et: "Vbi nunc est, inquam, iracundia tua, ubi impotentia tua? Nempe piscibus beluisque eitus es, et qui paulo ante iactabas vires imperii tui, de tam magna nave ne tabulam quidem naufragus habes. Ite nunc mortales, et magnis cogitationibus pectora implete. Ite cauti, et opes fraudibus captas per mille annos disponite. Nempe hic proxima luce patrimonii sui rationes inspexit, nempe diem etiam, quo venturus esset in patriam, animo suo fixit. Dii deaeque quam longe a destinatione sua iacet! Sed non sola mortalibus maria hanc fidem praestant. Illum bellantem arma decipiunt, illum diis vota reddentem penatium suorum ruina sepelit. Ille vehiculo lapsus properantem spiritum excussit, cibus avidum strangulavit, abstinentem frugalitas. Si bene calculum ponas, ubique naufragium est. At enim fluctibus obruto non contingit sepultura: tanquam intersit, periturum corpus quae ratio consumat, ignis an fluctus an mora! Quicquid feceris, omnia haec eodem ventura sunt. Ferae tamen corpus lacerabunt: tanquam melius ignis accipiat! Immo hanc poenam gravissimam credimus, ubi servis irascimur. Quae ergo dementia est, omnia facere, ne quid de nobis relinquat sepultura?" <. . .>
Et Licham quidem rogus inimicis collatus manibus adolebat. Eumolpus autem dum epigramma mortuo facit, oculos ad arcessendos sensus longius mittit.
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traduzione
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115 Dall'interno della stiva, proprio sotto la cabina del nostromo, sentiamo arrivare un gemito, come il verso strozzato di una bestia che cerchi una via d'uscita. Seguendo quindi il suono, troviamo Eumolpo che, seduto per terra, stava riempiendo di versi un grosso foglio di pergamena. Sbalorditi al vedere che anche con un piede nella fossa lui trovasse ancora il tempo di scrivere poesie, lo trasciniamo fuori nonostante le sue urla di protesta, e lo preghiamo di non fare tante storie. Ma lui, interrotto nel pieno del lavor?o poetico, salta su tutte le furie e ci investe cos?: ?Lasciatemi finire il concetto: ? proprio alla fine che viene il difficile?. Afferro quell'invasato per un braccio e chiedo a Gitone di darmi una mano a trascinare a terra il poeta che intanto non la smetteva di muggire.
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E finalmente, dopo aver sistemato anche questa faccenda, ci rintanammo col morale a terra in una capanna di pescatori e l?, rifocillati in qualche modo con della roba avariata scampata al naufragio, passammo una notte terribile. La mattina dopo, mentre stavamo discutendo sulla direzione di marcia da prendere, all'improvviso vidi un corpo umano avvicinarsi alla spiaggia trascinato da una debole corrente. Rimasi tristemente sorpreso e, fissando con occhi umidi quel mare traditore, dissi: ?Quest'uomo da qualche parte della terra ha una moglie tranquilla che lo aspetta, o forse un figlio che non sa nulla della tempesta, o addirittura un padre: comunque, il giorno della partenza ha lasciato qualcuno, salutandolo con un bacio. Ecco come vanno a finire i progetti degli esseri umani, i loro sogni e le loro speranze! Ecco l'uomo come sta a galla!?. Ero convinto di compiangere un pinco pallino, quando un'onda gli gir? verso terra il volto ancora intatto, e riconobbi quello che fino a poco tempo prima era stato il tremendo e implacabile Lica, e che adesso era l? quasi disteso davanti ai miei piedi. Non riuscii a trattenere pi? oltre le lacrime, e anzi, percuotendomi un paio di volte il petto con le mani, esclamai: ?Dov'? finita la tua tracotanza? Dov'? ora la tua prepotenza? Ma guardati: sei in balia dei pesci e delle bestie: poco fa strombazzavi la potenza del tuo dominio, e adesso, da naufrago quale sei, di quella nave enorme non ti resta pi? manco una tavola. Avanti, mortali, riempitevi pure la testa di grossi progetti, muovetevi pure coi piedi di piombo, disponendo per migliaia di anni delle ricchezze accumulate col raggiro. Ma guardatelo: ieri era ancora l? che si contava tutta la sua roba, e in cuor suo aveva gi? stabilito il giorno del rientro in patria. O d?i e dee, com'? lontano adesso dalla sua meta! E non solo il mare ? cos? infido per i mortali. Chi combatte lo tradiscono le armi. Chi invece fa voti agli d?i, gli crolla addosso la casa. Chi, per la fretta, si butta di corsa sul cocchio, finisce che cade e ci lascia la pelle. C'? chi si strozza di cibo, e chi muore a forza di digiuni. Se solo tiri bene le somme, il naufragio arriva dovunque. Ma ? pur vero che chi ? travolto dal mare non ha sepoltura: come se importasse qualcosa al corpo, che comunque ? destinato a morire, se a consumarlo ? il fuoco, il mare o il tempo. Qualunque cosa accada, la fine ? uguale per tutti. Ma le bestie feroci faranno a pezzi il cadavere: come se il fuoco gli riservasse un trattamento migliore! Anzi, c'? da credere che sia proprio questa la pena pi? grave, visto che tocca agli schiavi quando ci fanno arrabbiare. Ma allora, che razza di follia ? mai questa, fare cio? di tutto perch? di noi non resti pi? nulla dopo la morte??.
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Il corpo di Lica bruciava su un rogo innalzato da mani nemiche, mentre Eumolpo, impegnato com'era a ponzare l'elogio funebre del defunto, puntava lo sguardo lontano in cerca di ispirazione.
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