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Ovidio


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autore
brano
 
Petronio
Satiricon, 126
 
originale
 
[CXXVI] CHRYSIS ANCILLA CIRCES AD POLYAENVM: "Quia nosti venerem tuam, superbiam captas vendisque amplexus, non commodas. Quo enim spectant flexae pectine comae, quo facies medicamine attrita et oculorum quoque mollis petulantia; quo incessus arte compositus et ne vestigia quidem pedum extra mensuram aberrantia, nisi quod formam prostituis ut vendas? Vides me: nec auguria novi nec mathematicorum caelum curare soleo; ex vultibus tamen hominum mores colligo, et cum spatiantem vidi, quid cogites scio. Sive ergo nobis vendis quod peto, mercator paratus est, sive, quod humanius est, commodas, effice ut beneficium debeam. Nam quod servum te et humilem fateris, accendis desiderium aestuantis. Quaedam enim feminae sordibus calent, nec libidinem concitant, nisi aut servos viderint aut statores altius cinctos. Arena aliquas accendit, aut perfusus pulvere mulio, aut histrio scaenae ostentatione traductus. Ex hac nota domina est mea; usque ab orchestra quattuordecim transilit, et in extrema plebe quaerit quod diligat." Itaque oratione blandissima plenus: "Rogo, inquam, numquid illa, quae me amat, tu es?" Multum risit ancilla post tam frigidum schema et: "Nolo, inquit, tibi tam valde placeas. Ego adhuc servo nunquam succubui, nec hoc dii sinant ut amplexus meos in crucem mittam. Viderint matronae, quae flagellorum vestigia osculantur; ego etiam si ancilla sum, nunquam tamen nisi in equestribus sedeo." Mirari equidem tam discordem libidinem coepi atque inter monstra numerare, quod ancilla haberet matronae superbiam et matrona ancillae humilitatem. Procedentibus deinde longius iocis rogavi ut in platanona produceret dominam. Placuit puellae consilium. Itaque collegit altius tunicam flexitque se in eum daphnona, qui ambulationi haerebat. Nec diu morata dominam producit e latebris, laterique meo applicat mulierem omnibus simulacris emendatiorem. Nulla vox est quae formam eius possit comprehendere, nam quicquid dixero minus erit. Crines ingenio suo flexi per totos se umeros effuderant, frons minima et quae radices capillorum retro flexerat, supercilia usque ad malarum scripturam currentia et rursus confinio luminum paene permixta, oculi clariores stellis extra lunam fulgentibus, nares paululum inflexae et osculum quale Praxiteles habere Dianam credidit. Iam mentum, iam cervix, iam manus, iam pedum candor intra auri gracile vinculum positus: Parium marmor extinxerat. Itaque tunc primum Dorida vetus amator contempsi. <. . .> Quid factum est, quod tu proiectis, Iuppiter,armis inter caelicolas fabula muta taces? Nunc erat a torva submittere cornua fronte, nunc pluma canos dissimulare tuos. Haec vera est Danae. Tempta modo tangere corpus, iam tua flammifero membra calore fluent.
 
traduzione
 
126 CRISIDE, ANCELLA DI CIRCE, A POLIENO. ?Siccome lo sai di essere irresistibile, sei pieno di te, e i tuoi abbracci li vendi, invece di farne dono. A cosa ti servono tutti quei bei riccioli, quella faccia ritoccata dai cosmetici, quel tuo sguardo birichino, quel tuo sculettare ad arte, con passettini studiati apposta, se non per pubblicizzare le tue qualit? per poi metterle in vendita? Stammi bene a sentire: io non sono una di quelle che sanno tutto di oroscopi e stanno a sentire gli astrologi, ma mi basta guardare in faccia le persone per capire che tipi sono, e se poi li vedo anche fare due passi sono capace di dirti pure quello che pensano. Bando alle ciance: sia che tu venda quello che cerco (e il compratore ? gi? bello e pronto), sia - e sarebbe anche pi? carino da parte tua - che lo regali, datti da fare perch? io ti sia grata. Se poi vai a raccontare in giro di essere uno schiavo e un morto di fame, guarda che accendi una ch'? gi? abbastanza in calore. Perch? ci sono delle tipe che si eccitano solo con la feccia: gli basta vedere un servo o uno stalliere con la veste tirata un po' su, e si infiammano subito. Altre, invece, le manda in fregola il circo, o un mulattiere impiastricciato di polvere, o ancora un attorucolo che si sia fatto un nome calcando le scene. La mia padrona ? una di queste: lei salta oltre le quattordici file dei posti riservati nell'orchestra, per andarsi a prendere in mezzo alla gentaglia qualcuno che la faccia andare su di giri?. Ringalluzzito da tutte quelle lusinghe, io le dissi: ?Ma dimmi un po', saresti tu quella che spasima per me??. Ma la ragazza scoppi? a ridere a quella freddura e replic?: ?Vacci piano con le arie. Finora, a letto con un servo non ci sono mai andata, e prego gli d?i di evitarmi rapporti intimi con gente destinata alla croce. Con tipi come quelli se la vedano un po' le signore bene, che i segni delle frustate se li baciano pure. Quanto a me, con tutto che sono solo una serva, se non sono almeno dei cavalieri, non mi ci metto?. Io rimasi a bocca aperta di fronte a una simile differenza di gusti, e non riuscivo a darmi pace che un'ancella avesse la superbia di una signora, e una signora la bassezza di un'ancella. Dopo esserci scambiati ancora un bel po' di battute, chiesi all'ancella di portarmi la sua padrona nel boschetto di platani. L'idea le and? a genio e... si tir? su per bene la tunica andandosi a infilare in mezzo alle macchie di alloro che costeggiavano il vialetto. Un attimo dopo riemerse dal nascondiglio insieme alla sua padrona, e io mi ritrovai accanto una donna che era meglio di qualunque statua. Per descriverne la bellezza non ci sono parole adeguate, perch? tutto quello che potrei tirar fuori non sarebbe all'altezza della realt?. I capelli naturalmente ondulati le si spargevano ovunque sulle spalle, pettinati all'indietro a partire dalla fronte minuta, mentre le sopracciglia le correvano fino alla linea delle guance andandosi quasi a unire tra gli occhi, che erano pi? limpidi delle stelle nelle notti senza luna, il naso era appena arcuato e le labbrucce come quelle che Prassitele immagin? avesse Diana. Per non dire del mento, del collo, delle mani e dei piedi, cos? bianchi tra i giri di una catenina dorata, che il marmo di Paro avrebbe sfigurato al confronto. E cos?, fu allora che per la prima volta mi sembr? di non provare pi? nulla per Doride, la mia fiamma di un tempo. * Che ti succede, o Giove, che gettate a terra le armi resti tacito in mezzi agli d?i, tu idolo muto? Era questo il momento di ornare la fronte tua torva di corna e nascondere i bianchi capelli con candide piume. Ecco la vera Danae. Ma tu sfiorale il corpo soltanto, si scioglieranno le membra per ardore di fiamma che brucia. *
 

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