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Progetto
Ovidio - database
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autore
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brano
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Petronio
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Satiricon, 129
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originale
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[CXXIX] ENCOLPIVS AD GITONEM: "Crede mihi, frater, non intellego me virum esse, non sentio. Funerata est illa pars corporis, qua quondam Achilles eram". <. . .>
Veritus puer ne in secreto deprehensus daret sermonibus locum, proripuit se et in partem aedium interiorem fugit. <. . .>
Cubiculum autem meum Chrysis intravit, codicillosque mihi dominae suae reddidit, in quibus haec erant scripta:
"CIRCE POLYAENO SALVTEM. Si libidinosa essem, quererer decepta; nunc etiam languori tuo gratias ago. In umbra voluptatis diutius lusi. Quid tamen agas quaero, et an tuis pedibus perveneris domum; negant enim medici sine nervis homines ambulare posse. Narrabo tibi, adulescens, paralysin cave. Nunquam ego aegrum tam magno periculo vidi; medius iam peristi. Quod si idem frigus genua manusque temptaverit tuas, licet ad tubicines mittas. Quid ergo est? Etiam si gravem iniuriam accepi, homini tamen misero non invideo medicinam. Si vis sanus esse, Gitonem roga. Recipies, inquam, nervos tuos, si triduo sine fratre dormieris. Nam quod ad me attinet, non timeo ne quis inveniatur cui minus placeam. Nec speculum mihi nec fama mentitur. Vale, si potes." Vt intellexit Chrysis perlegisse me totum convicium: "Solent, inquit, haec fieri, et praecipue in hac civitate, in qua mulieres etiam lunam deducunt. <. . .> Itaque huius quoque rei cura agetur. Rescribe modo blandius dominae, animumque eius candida humanitate restitue. Verum enim fatendum: ex qua hora iniuriam accepit, apud se non est". Libenter quidem parui ancillae, verbaque codicillis talia imposui:
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traduzione
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129 ENCOLPIO A GITONE. ?Mi devi credere, caro fratellino mio, ma mi sembra di non essere nemmeno pi? un uomo, di non provare pi? nulla. ? ormai morta e sepolta quella parte del mio corpo, dove prima io ero un Achille?.
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Siccome il ragazzino temeva di dar adito a chiacchiere se lo trovavano l? con me, schizz? via come una furia e and? a rintanarsi nell'angolo pi? lontano della casa.
*
Ma a entrare nella mia stanza fu invece Criside, che mi consegn? un biglietto della sua padrona nel quale c'era scritto: ?Caro Polieno, se io fossi una che bada solo ai sensi, sarei qui a lamentarmi per la delusione. Devo invece ringraziare la tua debolezza, perch? mi ha permesso di godermi pi? a lungo i preliminari. Vorrei per? sapere come ti senti e se a casa ci sei ritornato con le tue gambe, visto che, stando a quanto dicono i medici, senza nervi non si cammina pi?. Ascoltami bene, tesoro, occhio alla paralisi, perch? uno mal preso come te non l'ho mica mai visto. Sei gi? mezzo spacciato, e se quel gelo ti arriva alle ginocchia e alle mani, puoi pure chiamare le pompe funebri. E allora? Anche se ? grave l'offesa che ho ricevuto, non voglio negare la medicina a uno che sta cos? male. Se vuoi guarire, raccomandati a Gitone. Ti garantisco, riacquisterai le forze, se solo per tre notti non vai a letto col fratellino. Quanto a me, niente paura: se la fama e lo specchio non mi ingannano, qualcuno cui piacere lo trovo ancora. Stammi bene, se ci riesci?.
Quando Criside vide che avevo finito di leggere quella presa in giro, disse: ?Ma d?i, son cose che succedono. Specie in questa citt?, dove le donne son capaci di tirarti gi? perfino la luna dal cielo... Tranquillo che un rimedio lo troviamo. Tanto per cominciare, rispondi alla padrona buttandole gi? qualche parola carina, e restituiscile coraggio col candore della sincerit?. Perch? ? meglio ti dica come stanno le cose: da quando ha subito l'offesa, la mia padrona ? fuori di s??. Seguii di buon grado il consiglio della ragazza e misi per iscritto quanto segue:
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