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Progetto
Ovidio - database
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autore
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brano
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Petronio
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Satiricon, 133
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originale
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[CXXXIII] Hac declamatione finita Gitona voco et: "Narra mihi, inquam, frater, sed tua fide: ea nocte, qua te mihi Ascyltos subduxit, usque in iniuriam vigilavit, an contentus fuit vidua pudicaque nocte?" Tetigit puer oculos suos, conceptissimisque iuravit verbis sibi ab Ascylto nullam vim factam.
<. . .> positoque in limine genu sic deprecatus sum numen aversum:
Nympharum Bacchique comes, quem pulcra Dione
divitibus silvis numen dedit, inclita paret
cui Lesbos viridisque Thasos, quem Lydus adorat
septifluus, templumque tuis imponit Hypaepis:
huc aedes et Bacchi tutor Dryadumque voluptas,
et timidas admitte preces. Non sanguine tristi
perfusus venio, non templis impius hostis
admovi dextram, sed inops et rebus egenis
attritus facinus non toto corpore feci.
Quisquis peccat inops, minor est reus. Hac prece, quaeso,
exonera mentem culpaeque ignosce minori,
et quandoque mihi fortunae arriserit hora,
non sine honore tuum patiar decus. Ibit ad aras,
Sancte, tuas hircus, pecoris pater; ibit ad aras
corniger et querulae fetus suis, hostia lactens.
Spumabit pateris hornus liquor, et ter ovantem
circa delubrum gressum feret ebria pubes."
Dum haec ago curaque sollerti deposito meo caveo, intravit delubrum anus laceratis crinibus nigraque veste deformis, extraque vestibulum me iniecta manu duxit. <. . .>
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traduzione
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133 Finita la declamazione, chiamo Gitone e gli faccio: ?Ma dimmi un po', caro fratellino, in tutta coscienza: quella notte che Ascilto ti port? via da me, rest? sveglio fino a quando riusc? a possederti, oppure si accontent? di una notte vedova e casta??. Il ragazzino si tocc? gli occhi e giur? nel modo pi? solenne di non aver subito violenza da Ascilto.
*
... e inginocchiandomi sulla soglia del tempio, rivolsi questa preghiera al dio che mi aveva voltato le spalle:
?Delle Ninfe e di Bacco compagno, che Dione la bella
fece dio delle selve fiorenti, che regni sull'inclita
Lesbo e la verde Taso, cui innalza preghiere il Lido
dai sette fiumi, e dedica templi in Ipepa,
vieni qua, protettore di Bacco e amore delle Driadi insieme,
e ascolta una timida prece. Non vengo cosparso
di sangue funesto, n? mai i tuoi templi violai
con sacrilega mano, ma misero e messo alle strette,
se mai un delitto commisi, non fu con il corpo mio tutto.
Minore ? la colpa di chi pecca per debolezza. Per questo,
ti prego, l'animo mio solleva e indulgi a un peccato minore,
che, se mai mi sorrida un'ora di buona fortuna,
il tuo nume io non lascer? senza onori. All'ara tua andranno,
o divino, il capro, il padre cornuto del gregge,
e vittima ancora lattante, il parto di querula scrofa.
Nei calici spumegger? il vino dell'anno, e tre volte
danzando i giovani ebri il giro del tempio faranno?.
*
Mentre son l? che recito questa preghiera, senza mai togliere gli occhi dal caro estinto tra le gambe, entra nel tempio una vecchia orripilante, coi capelli scarmigliati e una veste nera addosso, che mi abbranca e mi porta fuori dal tempio.
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