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Ovidio


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autore
brano
 
Petronio
Satiricon, 139
 
originale
 
[CXXXIX] Torum frequenti tractatione vexavi, amoris mei quasi quandam imaginem <. . .> Non solum me numen et implacabile fatum persequitur. Prius Inachia Tirynthius ira exagitatus onus caeli tulit, ante profanam Iunonem Pelias sensit, tulit inscius arma Laomedon, gemini satiavit numinis iram Telephus, et regnum Neptuni pavit Vlixes. Me quoque per terras, per cani Nereos aequor Hellespontiaci sequitur gravis ira Priapi. <. . .> Quaerere a Gitone meo coepi, num aliquis me quaesisset. "Nemo, inquit, hodie. Sed hesterno die mulier quaedam haud inculta ianuam intravit, cumque diu mecum esset locuta et me accersito sermone lassasset, ultimo coepit dicere, te noxam meruisse daturumque serviles poenas, si laesus in querela perseverasset." <. . .> Nondum querelam finieram, cum Chrysis intervenit amplexuque effusissimo me invasit et: "Teneo te, inquit, qualem speraveram: tu desiderium meum, tu voluptas mea, nunquam finies hunc ignem, nisi sanguine extinxeris." <. . .> Vnus ex noviciis servulis subito accurrit et mihi dominum iratissimum esse affirmavit, quod biduo iam officio defuissem. Recte ergo me facturum, si excusationem aliquam idoneam praeparassem: vix enim posse fieri, ut rabies irascentis sine verbere consideret. <. . .>
 
traduzione
 
139 Cominciai a dimenarmi freneticamente nel letto, come se avessi avuto tra le braccia il mio amore. * ?Non me soltanto un nume e il fato implacabile tormenta. Prima di me il Tirinzio, colpito dall'ira di Inaco, resse il peso del cielo, gi? Pelia il rancore prov? di Giunone, e Laomedonte cinse ignaro le armi, Telefo di due numi sazi? l'ira terribile, e Ulisse temette la forza di Nettuno. Me pure per tutte le terre, sui mari del bianco Nereo incalza feroce la collera dell'ellespontiaco Priapo. * Chiesi al mio Gitone se qualcuno mi aveva cercato. "Oggi nessuno" rispose lui, ?ma ieri ? venuta qui una donna mica male che, dopo aver parlato un bel po' con me tormentandomi con un sacco di domande, alla fine ha attaccato a dire che l'avevi fatta grossa e che, se solo la parte lesa perseverava nell'accusa, ti sarebbe toccata la pena degli schiavi?. * Non avevo ancora finito di fare le mie rimostranze, quando arriv? Criside che, avvinghiandosi a me in un abbraccio selvaggio, url?: ?Finalmente sei mio, come ho tanto sperato! Tu mio unico desiderio, mio solo amore. Questo fuoco che mi divora, non potrai mai estinguerlo, se non col sangue?. * All'improvviso arriv? uno dei giovani appena assunti, sostenendo che il padrone ce l'aveva da bestia con me perch? erano due giorni che non mi vedeva e avrei fatto bene a trovarmi una scusa credibile, se no era difficile che a quel collerico passasse la rabbia senza dover arrivare alla frusta. *
 

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