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Ovidio


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autore
brano
 
Petronio
Satiricon, 140
 
originale
 
[CXL] Matrona inter primas honesta, Philomela nomine, quae multas saepe hereditates officio aetatis extorserat, tum anus et floris extincti, filium filiamque ingerebat orbis senibus, et, per hanc successionem artem suam perseverabat extendere. Ea ergo ad Eumolpum venit et commendare liberos suos eius prudentiae bonitatique <. . .>credere se et vota sua. Illum esse solum in toto orbe terrarum, qui praeceptis etiam salubribus instruere iuvenes quotidie posset. Ad summam, relinquere se pueros in domo Eumolpi, ut illum loquentem audirent: quae sola posset hereditas iuvenibus dari. Nec aliter fecit ac dixerat, filiamque speciosissimam cum fratre ephebo in cubiculo reliquit, simulavitque se in templum ire ad vota nuncupanda. Eumolpus, qui tam frugi erat ut illi etiam ego puer viderer, non dislulit puellam invitare ad pygesiaca sacra. Sed et podagricum se esse lumborumque solutorum omnibus dixerat, et si non servasset integram simulationem, periclitabatur totam paene tragoediam evertere. Itaque ut constaret mendacio fides, puellam quidem exoravit ut sederet super commendatam bonitatem, Coraci autem imperavit ut lectum, in quo ipse iacebat, subiret positisque in pavimento manibus dominum lumbis suis commoveret. Ille lente parebat imperio, puellaeque artificium pari motu remunerabat. Cum ergo res ad effectum spectaret, clara Eumolpus voce exhortabatur Coraca, ut spissaret officium. Sic inter mercennarium amicamque positus senex veluti oscillatione ludebat. Hoc semel iterumque ingenti risu, etiam suo, Eumolpus fecerat. Itaque ego quoque, ne desidia consuetudinem perderem, dum frater sororis suae automata per clostellum miratur, accessi temptaturus an pateretur iniuriam. Nec se reiciebat a blanditiis doctissimus puer, sed me numen inimicum ibi quoque invenit. <. . .> "Dii maiores sunt, qui me restituerunt in integrum. Mercurius enim, qui animas ducere et reducere solet, suis beneficiis reddidit mihi quod manus irata praeciderat, ut scias me gratiosiorem esse quam Protesilaum aut quemquam alium antiquorum." Haec locutus sustuli tunicam, Eumolpoque me totum approbavi. At ille primo exhorruit, deinde ut plurimum crederet, utraque manu deorum beneficia tractat. <. . .> : "Socrates, deorum hominumque , gloriari solebat, quod nunquam neque in tabernam conspexerat nec ullius turbae frequentioris concilio oculos crediderat. Adeo nihil est commodius quam semper cum sapientia loqui. -- Omnia, inquam, ista vera sunt; nec ulli enim celerius homines incidere debent in malam fortunam, quam qui alienum concupiscunt. Vnde plani autem, unde levatores viverent, nisi aut locellos aut sonantes aere sacellos pro hamis in turbam mitterent? Sicut muta animalia cibo inescantur, sic homines non caperentur nisi spe aliquid morderent." <. . .>
 
traduzione
 
140 Filomela, una delle signore pi? stimate del luogo, che in passato, sfruttando la giovane et?, aveva messo le mani su un bel po' di eredit?, adesso che era avanti negli anni e sfiorita, appioppava il figlio e la figlia a dei vecchi senza prole e cos?, nonostante il cambio di guardia, continuava a incrementare i suoi traffici. Questa donna si present? a Eumolpo, per raccomandare alla sua saggezza e alla sua bont? di cuore i propri figli... e affidare nelle sue mani se stessa e le sue speranze. Gli disse infatti che lui era l'unico uomo al mondo in grado di educare i giovani impartendo loro anche i migliori principi morali. Che, a farla breve, lei lasciava i suoi due figli a casa di Eumolpo perch? facessero tesoro delle sue parole, in quanto quella era la sola eredit? che era in grado di dare ai ragazzi. E non si comport? diversamente da quanto aveva detto: lasci? infatti l? in camera la ragazza che era un vero splendore e il fratello che era appena adolescente, e finse di andare al tempio a fare un voto. Eumolpo, che era cos? casto e puro da considerare anche me un ragazzino, non perse tempo e invit? subito la ragazza ai sacri riti del didietro. Ma dato che a tutti aveva detto di avere la gotta e di soffrire di lombaggine, e se non continuava a sostenere questa tesi rischiava di mandare a carte quarantotto tutta la sceneggiata, per dar credito alla messinscena, preg? la piccola di andarsi a sedere su quel commendevole segno di bont?. Al servo Corace ordin? invece di mettersi sotto il letto su cui lui era disteso e, puntellandosi a forza di braccia sul pavimento, di muovere su e gi? con la schiena il padrone. Quello esegu? l'ordine, in un primo tempo a ritmo lento e armonizzando il proprio movimento alle mosse esperte della ragazza. Ma, quando si era ormai quasi sul pi? bello, Eumolpo si mise a gridare a Corace di andare pi? svelto. E cos? il vecchio, messo tra il servitore e l'amichetta, se la spassava un mondo con quella specie di altalena. E, fra le risa di tutti cui si univano anche le sue, Eumolpo aveva gi? bissato un paio di volte il giochetto. Quanto a me, per non perdere le buone abitudini a forza di stare con le mani in mano, mi accostai al ragazzino che stava sbirciando dal buco della serratura le evoluzioni della sorella, e controllai se ci stava. E il ragazzino, che la sapeva gi? alquanto lunga, non avrebbe rifiutato le mie attenzioni, solo che anche l? il dio avverso mi venne a stanare. * ?A rimettermi in sesto sono stati gli d?i maggiori. Mercurio infatti, abituato com'? a scarrozzare avanti e indietro le anime, bont? sua mi ha restituito ci? che una mano imbestialita mi aveva strappato, perch? adesso, come puoi constatare, vado pi? forte di Protesilao e di tutti quanti gli amatori del mondo antico?. E cos? dicendo, mi tirai su la tunica e feci vedere il tutto a Eumolpo. Lui, sulle prime, ci rimane di stucco. Poi, per meglio sincerarsi della cosa, si mette a palpeggiare tutto quel ben di dio con entrambe le mani. * ?Socrate, degli d?i e degli uomini... soleva vantarsi di non avere mai messo il naso in un'osteria e di non essersi mai fermato a curiosare in un assembramento di gente. Non c'? niente di meglio che intrattenersi sempre con i saggi?. ?Tutto questo? risposi io ?? vero. Infatti nessuno ? destinato a fare in fretta una brutta fine, pi? di quelli che mettono gli occhi sulle cose degli altri. Ad esempio, di che cosa vivrebbero ladri e vagabondi, se non avessero con s? scrigneti e borselli con monete sonanti da buttare come esca alla gente? Come i pesci abboccano attirati dall'esca, allo stesso modo gli uomini non rimarrebbero intrappolati se non si facesse balenare loro la speranza di mordere qualcosa?. *
 

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