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Progetto
Ovidio - database
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autore
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Cicerone
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De Natura Deorum, I, 23
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originale
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[23] An haec, ut fere dicitis, hominum causa a deo constituta sunt? Sapientiumne? Propter paucos igitur tanta est rerum facta molitio. An stultorum? At primum causa non fuit, cur de inprobis bene mereretur; deinde quid est adsecutus, cum omnes stulti sint sine dubio miserrimi, maxime quod stulti sunt (miserius enim stultitia quid possumus dicere), deinde quod ita multa sunt incommoda in vita, ut ea sapientes commodorum conpensatione leniant, stulti nec vitare venientia possint nec ferre praesentia. Qui vero mundum ipsum animantem sapientemque esse dixerunt, nullo modo viderunt animi natura intellegentis in quam figuram cadere posset. De quo dicam equidem paulo post, nunc autem hactenus:
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traduzione
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23. A meno che, come sostiene la vostra scuola, queste cose non siano state compiute dalla divinit? in vista degli
uomini. Ma per quali uomini? Forse per i sapienti? In tal caso una cos? grande costruzione sarebbe stata eseguita per una
categoria ben ristretta! Per gli stolti allora? Ma, in primo luogo, non v'era ragione per cui la divinit? si creasse delle
benemerenze verso degli sciagurati; in secondo luogo, con quale scopo l'avrebbe fatto? Tutti gli sciocchi, lo sappiamo,
sono anche i pi? infelici (v'? forse qualcosa che si possa dire pi? infelice della stoltezza?), innanzitutto per il fatto che
sono sciocchi, e poi perch? nella vita vi sono tanti guai che i sapienti riescono a lenire con la compensazione dei
vantaggi mentre gli stolti n? li sanno evitare quando si presentano n? li sanno sopportare quando ne sono afflitti.
Quanto poi a coloro che ci parlano d? un mondo fornito d? vita e di saggezza, non sono riusciti a chiarire quale
aspetto possa assumere in concreto una sostanza spirituale dotata di intelligenza. Di ci? avr? agio di parlare fra poco:
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