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autore
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Cicerone
De Natura Deorum, I, 43
 
originale
 
[43] Cum poetarum autem errore coniungere licet portenta magorum Aegyptiorumque in eodem genere dementiam, tum etiam vulgi opiniones, quae in maxima inconstantia, veritatis ignoratione versantur. Ea qui consideret, quam inconsulte ac temere dicantur, venerari Epicurum et in eorum ipsorum numero, de quibus haec quaestio est, habere debeat. Solus enim vidit primum esse deos, quod in omnium animis eorum notionem inpressisset ipsa natura. Quae est ennim gens aut quod genus hominum, quod non habeat sine doctrina anticipationem quandam deorum, quam appellat prolempsin Epicurus, id est anteceptam animo rei quandam informationem, sine qua nec intellegi quicquam nec quaeri nec disputari potest. Quoius rationis vim atque utilitatem ex illo caelesti Epicuri de regula et iudicio volumine accepimus.
 
traduzione
 
43. Sullo stesso piano vanno poste le portentose dottrine dei magi e le insulsaggini degli Egiziani nonch? le opinioni del volgo che, ignorando la verit?, si dibatte in tutta una serie di incoerenti ed inconsistenti credenze. Chi ben considerasse con quanta leggerezza e con quanta sconsideratezza si sostengono dottrine del genere, dovrebbe mettere Epicuro nel novero di quegli esseri dei quali ci stiamo ora occupando. Egli solo vide, per la prima volta, che gli d?i esistono, poich? ? stata proprio la natura ad imprimere nella mente di ogni uomo la nozione degli d?i. C'? forse un popolo, c'? una societ? di uomini che, pur senza una adeguata informazione, non abbia un qualche ? presentimento ? dell'esistenza degli d?i? A tale ? presentimento ? Epicuro applica il termine di prolempsin intendendo con questo nome una sorta di anticipata rappresentazione mentale dell'oggetto senza la quale non ? possibile n? comprendere, n? approfondire n? porre in discussione alcunch?. L'utilit? e la forza di questo argomento l'abbiamo appresa leggendo l'aureo volume di Epicuro sulla regola del giudizio.
 

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