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Ovidio - database
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autore
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brano
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Cicerone
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De Natura Deorum, II, 89
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originale
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[89] Utque ille apud Accium pastor, qui navem numquam ante vidisset, ut procul divinum et novum vehiculum Argonautarum e monte conspexit, primo admirans et perterritus hoc modo loquitur:
'tanta moles labitur
fremibunda ex alto ingenti sonitu et strepitu:
prae se undas volvit, vertices vi suscitat,
ruit prolapsa, pelagus respergit, reflat;
ita dum interruptum credas nimbum volvier,
dum quod sublime ventis expulsum rapi
saxum aut procellis, vel globosos turbines
existere ictos undis concursantibus --
nisi quas terrestres pontus strages conciet
aut forte Triton fuscina evertens specus
subter radices penitus undanti in freto
molem ex profundo saxeam ad caelum eruit':
dubitat primo, quae sit ea natura, quam cernit ignotam; idemque iuvenibus visis auditoque nautico cantu:
'Sicut ?inciti atque alacres rostris perfremunt delphini'
-- Item alia multa --
'Silvani melo
consimilem ad aures cantum et auditum refert.' --
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traduzione
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89. Tale atteggiamento richiama da vicino il caso di quel pastore, introdotto da Accio in un suo dramma, che non
aveva mai visto una nave. Costui non appena scorge in lontananza, dalla cima di un monte, lo strano naviglio degli
Argonauti, opera degli d?i, pieno di meraviglia e di terrore subito esordisce in queste espressioni:
? Quale immensa mole s'avanza fremendo dal mare aperto con immenso strepito e vigorosi sbuffi! solleva ondate
innanzi a s? e coi suo impeto provoca dei vortici. Scorrendo veloce solleva spruzzi di acqua marina e procede
ansimando. Ora diresti che una nube temporalesca improvvisamente squarciata stia piombando verso di noi, ora che i
venti e la tempesta abbiano sbalzato in alto e stiano trascinando seco un frammento di roccia o che all'urlo delle onde
in lotta si sollevino vorticosi cavalloni; a meno che ora non sia il mare a muovere masse di terra o che Trifone in mezzo
all'infuriare delle onde, facendo forza col tridente sotto le fondamenta della sua cavernosa dimora, stia scaraventando
verso il cielo dalla profondit? degli abissi un enorme scoglio ?.
Di primo acchito il personaggio si chiede che sia quell'essere sconosciuto che ha innanzi agli occhi, ma non
appena scorge sul naviglio degli uomini nel fiore dell'et? e giunge al suo orecchio un canto marinaresco subito esclama:
? sembra che innanzi di rostri si agitino agili e vivaci delfini ?
e continua per un pezzo su questo tono :
? ... e reca al mio orecchio una melodia che mi ricorda il capito di Silvano ?.
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