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autore
brano
 
Cicerone
De Natura Deorum III,5
 
originale
 
[5] Tum Cotta "Optime", inquit; "quam ob rem sic agamus, ut nos ipsa ducit oratio. Sed antequam de re, pauca de me. Non enim mediocriter moveor auctoritate tua, Balbe, orationeque ea, quae me in perorando cohortabatur, ut meminissem me et Cottam esse et pontificem; quod eo, credo, valebat, ut opiniones, quas a maioribus accepimus de dis immortalibus, sacra, caerimonias religionesque defenderem. Ego vero eas defendam semper semperque defendi nec me ex ea opinione, quam a maioribus accepi de cultu deorum inmortalium, ullius umquam oratio aut docti aut indocti movebit. Sed cum de religione agitur, Ti. Coruncanium, P. Scipionem, P. Scaevolam pontifices maximos, non Zenonem aut Cleanthen aut Chrysippum sequor habeoque C. Laelium augurem eundemque sapientem, quem potius audiam dicentem de religione in illa oratione nobili quam quemquam principem Stoicorum. Cumque omnis populi Romani religio in sacra et in auspicia divisa sit, tertium adiunctum sit, si quid praedictionis causa ex portentis et monstris Sibyllae interpretes haruspicesve monuerunt, harum ego religionum nullam umquam contemnendam putavi mihique ita persuasi, Romulum auspiciis, Numam sacris constitutis fundamenta iecisse nostrae civitatis, quae numquam profecto sine summa placatione deorum inmortalium tanta esse potuisset.
 
traduzione
 
5. Cotta allora: ?Benissimo, concluse, procediamo pure in base al filo stesso del discorso. Ma prima di affrontare l'argomento, parliamo un poco di me. Non poco peso hanno per me la tua autorit? e le parole con le quali, nella tua perorazione, mi hai esortato a ricordarmi del mio nome e della mia carica di pontefice io penso, significa che sarebbe mio dovere difendere le credenze tradizionali sugli d?? immortali, le pratiche reli giose, le cerimonie, i riti. Ci tengo a dire che le difender? sempre come sempre le ho difese e non c'? discorso di sapiente o di ignorante che possa distogliermi dalla mia fede nel culto tradizionale degli d?? che gli avi ci hanno trasmesso. In fatto di religione seguo i pontefici massimi Tiberio Coruncanio Publio Scipione e Pubilo Scevola non gi? Zenone, o Cleante, o Crisippo e preferisco sentir parlare di questioni religiose Gaio Lelio, augure e filosofo ad un tempo, nella sua famosa orazione piuttosto che qualsiasi sommo rappresentante della scuola stoica. Tutto il rituale religioso dei Romani si riduce alle cerimonie sacre ed agli auspici; a questi si potrebbe aggiungere un terzo elemento consistente negli ammonimenti che gli interpreti della Sibilla e gli aruspici, nello sforzo di predire il futuro, hanno ricavato dai portenti e dai prodigi. Nessuno di questi riti ho mai pensato che si dovesse trascurare e sono convinto che Romolo e Numa Pompilio gettarono le fondamenta della nostra citt? il primo ricorrendo agli auspici ed il secondo creando il rituale religioso ne essa avrebbe potuto essere cos? grande senza un particolare favore degli d?i immortali.
 

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