Data:
13/04/2002 14.20.03
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E' pi? che sufficiente.
Plinio, Lettere, VII 27,5-11 [traduzione sotto l'originale latino].
(5) Erat Athenis spatiosa et capax domus sed infamis et pestilens. Per silentium noctis sonus ferri, et si attenderes acrius, strepitus vinculorum longius primo, deinde e proximo reddebatur: mox apparebat idolon, senex macie et squalore confectus, promissa barba horrenti capillo; cruribus compedes, manibus catenas gerebat quatiebatque. (6) Inde inhabitantibus tristes diraeque noctes per metum vigilabantur; vigiliam morbus et crescente formidine mors sequebatur. Nam interdiu quoque, quamquam abscesserat imago, memoria imaginis oculis inerrabat, longiorque causis timoris timor erat. Deserta inde et damnata solitudine domus totaque illi monstro relicta; proscribebatur tamen, seu quis emere seu quis conducere ignarus tanti mali vellet. (7) Venit Athenas philosophus Athenodorus, legit titulum auditoque pretio, quia suspecta vilitas, percunctatus omnia docetur ac nihilo minus, immo tanto magis conducit. Ubi coepit advesperascere, iubet sterni sibi in prima domus parte, poscit pugillares stilum lumen, suos omnes in interiora dimittit; ipse ad scribendum animum oculos manum intendit, ne vacua mens audita simulacra et inanes sibi metus fingeret. (8) Initio, quale ubique, silentium noctis; dein concuti ferrum, vincula moveri. Ille non tollere oculos, non remittere stilum, sed offirmare animum auribusque praetendere. Tum crebrescere fragor, adventare et iam ut in limine, iam ut intra limen audiri. Respicit, videt agnoscitque narratam sibi effigiem. (9) Stabat innuebatque digito similis vocanti. Hic contra ut paulum exspectaret manu significat rursusque ceris et stilo incumbit. Illa scribentis capiti catenis insonabat. Respicit rursus idem quod prius innuentem, nec moratus tollit lumen et sequitur. (10) Ibat illa lento gradu quasi gravis vinculis. Postquam deflexit in aream domus, repente dilapsa deserit comitem. Desertus herbas et folia concerpta signum loco ponit. (11) Postero die adit magistratus, monet ut illum locum effodi iubeant. Inveniuntur ossa inserta catenis et implicita, quae corpus aevo terraque putrefactum nuda et exesa reliquerat vinculis; collecta publice sepeliuntur. Domus postea rite conditis manibus caruit.
V'era ad Atene una casa ampia e comoda, ma malfamata e maledetta. Nel mezzo del silenzio della notte si udiva un suon di ferraglia e, se ascoltavi pi? attentamente, uno strepito di catene, da lontano prima, poi pi? da presso; indi appariva uno spettro, un vecchio estenuato dalla magrezza e dallo squallore, con una lunga barba, i capelli irti; recava i ceppi ai piedi e le catene alle mani e le scuoteva. Perci? gli abitanti della casa trascorrevano vegliando per la paura delle notti sinistre e spaventose; quelle veglie finivano per produrre una malattia e, con il crescere del male, la morte. Giacch? anche di giorno, pur essendo il fantasma scomparso, rimaneva negli occhi il ricordo di quell'apparizione, s? che il timore durava pi? a lungo di ci? che l'aveva cagionato. Perci? la casa fu disertata, condannata all'abbandono e lasciata tutta in balia di quel mostro; v'era per? appeso un cartello, per il caso che qualcuno, ignorando cos? gran guaio, volesse acquistarla o affittarla. Capit? ad Atene il filosofo Atenodoro, lesse il cartello, seppe il prezzo, e messo in sospetto dalla modicit?, si inform?, venne a conoscenza di tutto e nonostante ci?, anzi a cagione di ci?, prese in affitto la casa. Quando cominci? ad annottare, ordin? che gli preparassero un letto nella parte anteriore dell'edificio, chiese delle tavolette, uno stilo, un lume; mand? tutti i suoi nelle stanze interne ed egli invece si assorb? - la mente, gli occhi, la mano - nello scrivere, onde evitare che la mente rimasta inoperosa desse corpo alle storie di spettri che aveva sentito e a vani timori. Dapprima, come ovunque, il silenzio della notte, poi cominci? un agitarsi di ferri, un muover di catene: quello non alza gli occhi, non ripone lo stilo, ma rafforza il proprio coraggio e lo mette a guardia delle orecchie, cresce lo strepito, continua ad avvicinarsi, e gi? sembra di udirlo sulla soglia, gi? oltre la soglia. Si volta, vede e riconosce la figura di cui gli avevano parlato. Stava ritta e faceva segno con il dito, come a invitare qualcuno; ma il filosofo le fa cenno con la mano, come per dirle di attendere un poco, e si rimette alle tavolette e allo stilo. Essa agitava le catene sopra il capo di lui che scriveva; si volta di nuovo, vede che gli fa cenno come prima, senza esitare, prende il lume e la segue. Essa avanzava con lento passo, quasi la gravassero le catene; dopo essere svoltata nel cortile della casa, improvvisamente svanisce, abbandonando chi la segue. Una volta rimasto solo, Atenodoro contrassegna il posto con delle erbe e delle foglie spiccate. Il giorno dopo va dai magistrati, e chiede loro che ordinino di far scavare in quel posto. Vi trovano, frammiste e avvolte dalle catene, delle ossa, che il cadavere putrefatto dall'azione del tempo e del terreno aveva lasciate scarnificate e scavate dalle catene; raccolte, vengono sepolte a spese della citt?. La casa non fu pi? visitata dai Mani, sepolti secondo i riti.
Trad. BUR.
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