Data:
14/04/2002 3.26.24
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Tertulliano, apologeticum, L, 12-16
[12] Sed hoc agite, boni praesides, meliores multo apud populum, si illis Christianos immolaveritis, cruciate, torquete, damnate, atterite nos: probatio est enim innocentiae nostrae iniquitas vestra. Ideo nos haec pati deus patitur. Nam et proxime ad lenonem damnando Christianam potius quam ad leonem, confessi estis labem pudicitiae apud nos atrociorem omni poena et omni morte reputari. [13] Nec quicquam tamen proficit exquisitior quaeque crudelitas vestra; illecebra est magis sectae. Plures efficimur, quotiens metimur a vobis: semen est sanguis Christianorum. [14] Multi apud vos ad tolerantiam doloris et mortis hortantur, ut Cicero in Tusculanis, ut Seneca in Fortuitis, ut Diogenes, ut Pyrrhon, ut Callinicus; nec tamen tantos inveniunt verba discipulos, quantos Christiani factis docendo. [15] Illa ipsa obstinatio, quam exprobratis, magistra est. Quis enim non contemplatione eius concutitur ad requirendum, quid intus in re sit? Quis non, ubi requisivit, accedit, ubi accessit, pati exoptat, ut totam dei gratiam redimat, ut omnem veniam ab eo compensatione sanguinis sui expediat? [16] Omnia enim huic operi delicta donantur. Inde est, quod ibidem sententiis vestris gratias agimus. Ut est aemulatio divinae rei et humanae, cum damnamur a vobis, a deo absolvimur.
Ma s?, o buoni governanti, fate pure, sarete molto pi? stimati presso il popolo, se gli avrete immolato dei Cristiani! Tormentateci, torturateci, condannateci, pestateci, ? una prova della nostra innocenza la vostra iniquit?. Ecco perch? Dio tollera che noi soffriamo questi patimenti. Giacch? anche test? condannando una cristiana al lenone piuttosto che al leone, avete riconosciuto che l'offesa al pudore si ritiene da noi pi? atroce di ogni castigo e di ogni morte. Pur tuttavia le crudelt? vostre, per raffinate che siano, non servono a nulla; piuttosto servono di allettamento per la nostra setta. Diventiamo pi? numerosi quante volte ci mietete; il sangue dei Cristiani ? semenza. Molti presso di voi esortano a tollerare il dolore e la morte, come Cicerone nelle Tusculane, come Seneca nel libro dei Casi fortuiti, come Diogene, come Pirrone, come Callinico; pure le parole non tanti discepoli trovano quanti ne trovano i Cristiani ammaestrando coi fatti. Quella stessa ostinazione che voi ci rimproverate ? maestra. Chi a vederla non si sente scosso e indotto a cercare che cosa c'? dentro in tal cosa? E chi dopo aver cercato non s'accosta, accostatosi non desidera soffrir lui, per riscattarsi tutta la grazia divina, e ottenere tutto il perdono a prezzo del suo sangue? Giacch? a tale opera, al martirio, tutti i mancamenti si perdonano. Ecco il motivo per cui l? per l? alle condanne vostre noi rendiamo azioni di grazia. Come vi ? un contrasto tra le cose divine e le umane, quando siamo condannati da voi, siamo assolti da Dio.
Trad. F. Ramorino
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