Data:
14/04/2002 14.51.37
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[Le traduzioni sono sotto gli originali latini]
Cicerone, Tusculane, V, 52-53-54 passim
nos [autem] virtutem semper liberam volumus, semper invictam; quae nisi sunt, sublata virtus est. [53] Atque si in virtute satis est praesidi ad bene vivendum, satis est etiam ad beate; satis est enim certe in virtute, ut fortiter vivamus; si fortiter, etiam ut magno animo, et quidem ut nulla re umquam terreamur semperque simus invicti. Sequitur, ut nihil paeniteat, nihil desit, nihil obstet; ergo omnia profluenter absolute prospere, igitur beate. Satis autem virtus ad fortiter vivendum potest; satis ergo etiam ad beate. [54] Etenim ut stultitia, etsi adepta est quod concupivit, numquam se tamen satis consecutam putat, sic sapientia semper eo contenta est quod adest, neque eam umquam sui paenitet.
Mentre noi la virt? la concepiamo sempre libera, sempre invincibile: altrimenti ? finita. E se nella virt? c'? abbastanza per garantire una vita retta, ci sar? anche abbastanza per garantire la felicit?. A darci il coraggio, la virt? basta di sicuro; e se basta per questo basta anche a darci la grandezza d'animo e a renderci invulnerabili alla paura e invincibili sempre. Come conseguenza, niente pili pentimenti, niente bisogni, niente difficolt?: dappertutto abbondanza, perfezione, fortuna - e quindi felicit?. Ora, la virt? basta a darci il coraggio: e perci?, basta anche a darci la felicit?. Lo stolto, anche quando ha raggiunto l'oggetto che lo faceva smaniare dal desiderio, non ? mai soddisfatto: il saggio ? sempre pago di quello che ha, e non incorre mai in pentimenti.
Trad. Mondadori
Cicerone, Paradoxa, 51-52
[51] Non esse cupidum pecunia est, non esse emacem vectigal est; contentum vero suis rebus esse maximae sunt certissimaeque divitiae. Etenim si isti callidi rerum aestimatores prata et areas quasdam magno aestimant, quod ei generi possessionum minime quasi noceri potest, quanti est aestimanda virtus, quae nec eripi nec subripi potest neque naufragio neque incendio amittitur nec tempestatum nec temporum perturbatione mutatur! qua praediti qui sunt, soli sunt divites; [52] soli enim possident res et fructuosas et sempiternas solique, quod est proprium divitiarum, contenti sunt rebus suis, satis esse putant, quod est, nihil adpetunt, nulla re egent, nihil sibi deesse sentiunt, nihil requirunt; inprobi autem et avari, quoniam incertas atque in casu positas possessiones habent et plus semper adpetunt, nec eorum quisquam adhuc inventus est, quoi, quod haberet, esset satis, non modo non copiosi ac divites, sed etiam inopes ac pauperes existimandi sunt.
La mancanza di avidit? ? una ricchezza [lett. non essere avido?], il non avere la mania di comperare [non esse emacem] ? un reddito. In realt?, l'accontentarsi dei propri averi ? la ricchezza pi? grande e pi? duratura [lett. pi? certa]. D'altronde, se codesti astuti estimatori di beni [rerum] attribuiscono gran valore [aestimant magno] ai beni immobili [lett. a certi prati e?], poich? un simile genere di possedimenti non ? praticamente soggetto a sinistri [ho sciolto cos? minime quasi noceri potest, non pu? subire praticamente nocumento], quale valore (allora) assumer? [lett. quanto deve essere?] la virt?, che non corre il rischio [non potest, non pu?] di essere rubata o estorta, di esser persa con un incendio o un naufragio, che non muta a seconda delle et? e delle stagioni [questa lunga perifrasi ciceroniana vuole semplicemente dire che la virt? ? salda ed inattaccabile]. Ragion per cui, i virtuosi [lett. coloro i quali sono dotati di quella] sono gli unici (ad essere veramente) ricchi, sono i soli - infatti - a possedere beni [res] che portano frutto e che sono duraturi, e sono i soli - propriet? tipica delle ricchezze - ad essere soddisfatti dei propri beni, ritenendoli bastevoli, e dunque, non chiedono [nel senso di aspirano] nulla, non mancano di nulla, ritengono di non mancare di nulla, non richiedono nulla [come vedi, si tratta di un chiasmo di espressioni sinonimiche: nihil adpetunt equivale a nihil requirunt; nulla re agerent = nihil deesse sibi; avremmo potuto anche "semplificare", e tradurre semplicemente: non chiedono o mancano di nulla]. Al contrario, coloro che mancano di virt? [improbi et avari], poich? possiedono beni esposti all'incertezza degli eventi [ho legato l'endiadi "incertas atque positas in casu"], e sono ingordi [lett. chiedono/aspirano sempre pi?] - e nessuno di loro si accontenta di ci? che ottiene [trad. leggermente libera: n? alcuno? ha trovato qualcosa che, una volta avuta, sia soddisfacente] - non solo non sono da considerarsi ricchi [copiosi ac divites], ma addirittura poveri e indigenti.
Trad. Bukowski
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