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Bukowski
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16/04/2002 22.17.47




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Le odi erano gi? online

Orazio, Odi, I, 5-6 [le traduzioni sono sotto gli originali]

Quis multa gracilis te puer in rosa
perfusus liquidis urget odoribus
grato, Pyrrha, sub antro?
cui flauam religas comam,
5
simplex munditiis? Heu quotiens fidem
mutatosque deos flebit et aspera
nigris aequora uentis
emirabitur insolens,
qui nunc te fruitur credulus aurea,
10
qui semper uacuam, semper amabilem
sperat, nescius aurae
fallacis. Miseri, quibus
intemptata nites. Me tabula sacer
uotiua paries indicat uuida
15
suspendisse potenti
uestimenta maris deo.

5, a Pirra
Chi ?, Pirra, il giovane sottile
che ti stringe, umido di profumi,
sul letto di rose della tua grotta?
per chi con grazia misurata annodi
i tuoi capelli biondi? Quanto dovr?
lamentare la tua infedelt?, l'avversit?
degli dei e osservare stupito le acque
agitate da un vento oscuro,
se ora senza sospetto ti gode dorata
e sempre libera ti spera, degna d'amore,
ignaro dell'inganno che respira.
Sventura a chi risplendi sconosciuta.
Per me su una parete sacra
la tavola votiva testimonia
che al dio potente del mare
le vesti bagnate ho consegnato.


VI
Scriberis Vario fortis et hostium
uictor, Maeonii carminis alite,
quam rem cumque ferox nauibus aut equis
miles te duce gesserit.
5
Nos, Agrippa, neque haec dicere nec grauem
Pelidae stomachum cedere nescii,
nec cursus duplicis per mare Vlixei
nec saeuam Pelops domum
conamur, tenues grandia, dum pudor
10
inbellisque lyrae Musa potens uetat
laudes egregii Caesaris et tuas
culpa deterere ingeni.
Quis Martem tunica tectum adamantina
digne scripserit aut puluere Troico
15
nigrum Merionen aut ope Palladis
Tydiden superis parem?
Nos conuiuia, nos proelia uirginum
sectis in iuuenes unguibus acrium
cantamus, uacui siue quid urimur
20
non praeter solitum leues.

6, ad Agrippa
Sulle ali del canto meonio
Vario potr? celebrare
il tuo coraggio, le tue vittorie sul nemico
e le prodezze
compiute in terra e in mare
dai soldati al tuo comando.
Io non oso cantare tutto questo, Agrippa,
n? l'ira terribile e ostinata di Achille,
le traversie per mare dell'astuto Ulisse,
n? gli orrori della casa di P?lope:
troppo per i miei limiti;
il riserbo e la Musa,
che in sordina modula la mia poesia,
mi vietano di svilire,
per vizio d'ingegno,
la tua e la gloria ineguagliabile di Cesare.
Chi altri ancora
potrebbe celebrare degnamente Marte
chiuso nello splendore delle armi,
Merione nero della polvere di Troia,
o Diomede
simile a un dio per mano di Pallade?
Io, io canto i banchetti,
l'accanirsi incruento delle liti
fra giovani e fanciulle,
sia che frivolo come sono
io bruci o sia vuoto d'amore.

Trad. database progettovidio
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