Data:
17/04/2002 13.12.42
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Cicerone, De finibus, III, 64 passim
Ritengono che l'universo sia retto [regi, passivo di "rego"] dalla potenza divina, e (lo ritengono) , come dire [quasi], dimora e citt? comune sia agli uomini che agli d?i; (ritengono altres? che) questo nostro mondo sia solo una porzione di quell'universo. Ne deriva, per natura, che siamo portati ad anteporre l'utile comune al nostro. Come, infatti, le leggi salvaguardano prima la sicurezza della collettivit? che dei singoli individui, allo stesso modo l'uomo retto e saggio, rispettoso delle leggi e consapevole [non ignarus] del (proprio) dovere di cittadino, provvede pi? a ci? ch'? utile alla collettivit?, che a ci? ch'? utile per ciascun singolo o per s?. (Tenuto conto di ci?,) chi non cura [desertor] l'interesse o la sicurezza della patria non ? da biasimare meno [lett. la costruzione ? inversa, con inversione dei termini di confronto] del traditore della patria, perch? (agisce) in vista del proprio egoistico utile o sicurezza. Se ne ricava che(, al contrario,) deve esser ricoperto di lode chi si sacrifica per lo Stato, poich? ? cosa buona e giusta [deceat] che la patria sia per noi pi? cara della nostra stessa persona.
Trad. Bukowski
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