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Bukowski
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Cicerone, Tusculane, I, 56-59 [la traduzione ? sotto l'originale latino]

XXIV. 56 Quid? illa tandem num leviora censes, quae declarant inesse in animis hominum divina quaedam? quae si cernerem quem ad modum nasci possent, etiam quem ad modum interirent viderem. nam sanguinem, bilem, pituitam, ossa, nervos, venas, omnem denique membrorum et totius corporis figuram videor posse dicere unde concreta et quo modo facta sint: animum ipsum --si nihil esset in eo nisi id, ut per eum viveremus, tam natura putarem hominis vitam sustentari quam vitis, quam arboris; haec enim etiam dicimus vivere. item si nihil haberet animus hominis nisi ut appeteret aut fugeret, id quoque esset ei commune cum bestiis.
57 Habet primum memoriam, et eam infinitam rerum innumerabilium. quam quidem Plato recordationem esse volt vitae superioris. nam in illo libro, qui inscribitur Menon, pusionem quendam Socrates interrogat quaedam geometrica de dimensione quadrati. ad ea sic ille respondet ut puer, et tamen ita faciles interrogationes sunt, ut gradatim respondens eodem perveniat, quo si geometrica didicisset. ex quo effici volt Socrates, ut discere nihil aliud sit nisi recordari. quem locum multo etiam accuratius explicat in eo sermone, quem habuit eo ipso die, quo excessit e vita; docet enim quemvis, qui omnium rerum rudis esse videatur, bene interroganti respondentem declarare se non tum illa discere, sed reminiscendo recognoscere, nec vero fieri ullo modo posse, ut a pueris tot rerum atque tantarum insitas et quasi consignatas in animis notiones, quas ennoias vocant, haberemus, nisi animus, ante quam in corpus intravisset, in rerum cognitione viguisset.
58 cumque nihil esset,ut omnibus locis a Platone disseritur --nihil enim putat esse, quod oriatur et intereat, idque solum esse, quod semper tale sit quale est, (idean appellat ille, nos speciem) --, non potuit animus haec in corpore inclusus adgnoscere, cognita attulit; ex quo tam multarum rerum cognitionis admiratio tollitur. neque ea plane videt animus, cum repente in tam insolitum tamque perturbatum domicilium inmigravit, sed cum se collegit atque recreavit, tum adgnoscit illa reminiscendo. ita nihil est aliud discere nisi recordari.
59 Ego autem maiore etiam quodam modo memoriam admiror. quid est enim illud quo meminimus, aut quam habet vim aut unde naturam? non quaero, quanta memoria Simonides fuisse dicatur, quanta Theodectes, quanta is, qui a Pyrrho legatus ad senatum est missus, Cineas, quanta nuper Charmadas, quanta, qui modo fuit, Scepsius Metrodorus, quanta noster Hortensius: de communi hominum memoria loquor, et eorum maxume qui in aliquo maiore studio et arte versantur, quorum quanta mens sit, difficile est existimare; ita multa meminerunt.

Ma credi siano di minore importanza le prove che dimostrano l'esistenza, nell'anima umana, di elementi divini? Bisognerebbe che mi spiegassi come fanno a nascere, per vedere come periscono. Per quel che riguarda il sangue, la bile, il muco, le ossa, i nervi, le vene, e le parti che compongono le membra e l'insieme del corpo, ? sempre possibile dire, mi sembra, di che elementi sono formati e come sono fatti: quanto all'anima, se essa non fosse nient'altro che un principio vitale, io potrei credere che nell'uomo la vita si mantenga per semplice virt? di natura, come nella vite, nell'albero, perch? anche a proposito di queste cose noi parliamo di vita. Cosi, se l'anima umana non avesse altre facolt? all'infuori del desiderio o della ripulsione, anche questo sarebbe un punto in comune con le bestie. Ma, per cominciare, essa ha la memoria, questa facolt? infinita per estensione e per comprensione di oggetti: la memoria, che secondo Platone altro non ? che reminiscenza di una vita anteriore. Nell'opera famosa intitolata Menone, Socrate fa a un ragazzetto alcune domande di geometria sulle misura di un quadrato. Le risposte sono naturalmente puerili: eppure il fanciullo - tanta ? l'ovviet? delle domande - passo passo arriva al risultato che avrebbe ottenuto conoscendo la geometria. Questo, secondo Socrate, dimostra che apprendere altro non ? che ricordare. Il punto ? ripreso, e trattato con precisione molto maggiore, nella conversazione che Socrate tenne il giorno stesso della sua morte, facendo vedere quanto segue.
Un uomo qualsiasi, anche uno che passa per ignorante in ogni campo, se gli si fanno delle domande opportune, lascia capire dalle sue risposte che quelle cose non le impara li per li, ma non fa altro che rintracciarle nella sua memoria. Ora, sarebbe impossibile per noi possedere sin dall'infanzia, fissi e come sigillati nell'anima, i concetti di tante cose cosi importanti (le ennoiai dei Greci): sarebbe impossibile, egli dice, se l'anima, prima di entrare nel corpo, non fosse stata padrona di tutte le conoscenze. Dal momento che al mondo nulla esiste per davvero, secondo la tesi che ricorre costantemente in Platone (perch? per lui ci? che ha principio e fine non esiste: esiste soltanto ci? che rimane sempre identico a s? stesso, ci? che lui chiama idea, e noi species), l'anima non avrebbe potuto acquistare queste nozioni stando chiusa nel corpo: perci? doveva gi? possederle prima di entrarvi. Questo toglie all'estensione della nostra conoscenza il suo carattere sorprendente. Per? l'anima non vede le cose con chiarezza, trovandosi bruscamente trasferita in un domicilio cosi insolito e cosi pieno di disordine: soltanto quando si ? raccolta e si ? rimessa dallo stordimento, essa comincia a riconoscerle, attraverso il ricordo. Ecco perci? che apprendere altro non ? che ricordare. lo, da parte mia, ho per la memoria un'ammirazione ancora pi? grande. Che cos'? questa facolt? del ricordare, quali sono la sua essenza, la sua origine? Non intendo la memoria che si attribuisce a Simonide, a Teodecte, a Cinea, l'inviato di Pirro presso il Senato romano, a Carmada, che ? piu vicino ai tempi nostri, a Metrodoro di Scepsis, che ? morto da poco, al nostro Ortensio: io intendo la memoria normale degli uomini, e particolarmente di quelli che si dedicano allo studio di qualche scienza importante: ? difficile valutare la vastit? della loro mente, tante sono le cose che essi sono capaci di ricordare.

Trad. Mondadori

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