Data:
23/04/2002 17.19.02
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Cicerone, De oratore, II, 236-238 passim Est plane oratoris movere risum, vel quod ipsa hilaritas benivolentiam conciliat ei, per quem excitata est, vel quod admirantur omnes acumen, uno saepe in verbo positum, maxime respondentis, non nunquam etiam lacessentis, vel quod frangit adversarium, quod impedit, quod elevat, quod deterret, quod refutat, vel quod ipsum oratorem politum esse hominem significat, quod eruditum, quod urbanum, maxime quod tristitiam ac severitatem mitigat ac relaxat odiosasque res saepe, quas argumentis dilui non facile est, ioco risuque dissolvit. 237. Quatenus autem sint ridicula tractanda oratori perqum diligenter videndum est, quod in quarto loco quaerendi posueramus. Nam nec insignis improbitas et scelere iuncta nec rursus miseria insignis agitata ridetur; facinerosos [enim] maiore quadam vi quam ridiculi vulnerari volunt, miseros illudi nolunt, nisi se forte iactant. Parcendum autem maxime [est] caritati hominum, ne temere in eos dicas qui diliguntur. LIX. 238. Haec igitur adhibenda est primum in iocando moderatio. Itaque ea facillime luduntur, quae neque odio magno neque misericordia maxima digna sunt. Quam ob rem materies omnis ridiculorum est in iis vitiis, quae sunt in vita hominum neque carorum neque calamitosorum neque eorum, qui ob facinus ad supplicium rapiendi videntur.
E' chiaro che all'oratore conviene suscitare il riso, vuoi perch? l'ilarit? suscita simpatia verso colui che l'ha scatenata, vuoi perch? tutti ammirano l'acume, spesso condensato in una sola parola, soprattutto se ? una risposta ma anche se si tratta di un attacco, vuoi perch? mette in ginocchio l'avversario, gli crea difficolt?, lo indebolisce, lo intimidisce, lo confuta, vuoi perch? qualifica l'oratore stesso come persona raffinata, colta, arguta e soprattutto perch? mitiga e stempera la tristezza e la seriet?, e spesso con uno scherzo o una risata riesce a dissipare accuse odiose che non sarebbero facilmente confutabili con argomentazioni. Il quarto punto, cio? entro quali limiti l'oratore possa usare l'arma del ridicolo, va considerato con grandissima attenzione. Infatti non pu? essere oggetto di riso n? la malvagit? estrema che si ? macchiata di delitti, n?, per contro, l'infelicit? estrema: si pretende che i malfattori siano colpiti da una forza pi? potente del ridicolo, mentre non piace che gli infelici siano derisi, a meno che non siano arroganti. Perci?, bisogna soprattutto avere rispetto dei sentimenti del pubblico, per non correre il rischio di offendere persone che godano del suo affetto. Allo scherzo si devono dunque, per prima cosa, fissare questi limiti. I bersagli pi? facili sono pertanto quelli non meritevoli n? di grande odio n? di grandissima compassione. Ragion per cui, l'intera materia del ridicolo riguarda quei difetti insiti nella vita delle persone, eccettuate quelle che sono benvolute o commiserate, o che sembrano degne del patibolo per i loro delitti.
Trad. BUR
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