Data:
25/04/2002 17.58.42
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E' una lettera di Cicerone, Familiares, IV, 9 passim.
Le guerre civili sono colme solo di sventure [lett. tutte le cose sono sventurate nelle?], guerre che i nostri antenati non hanno vissuto [lett. sentito: ? retto dal sensit successivo] neanche [ne? quidem] una volta [semel], (ma) che il nostro tempo vive, oramai, con una certa frequenza [saepe]: ma non c'? nulla di pi? disgraziato della stessa vittoria: la quale (vittoria), anche se arride agli uomini pi? giusti, pur li rende piuttosto feroci e prepotenti, tal che, seppur non siano tali per natura, vi sono costretti [cio? sono costretti ad esserlo (feroci e prepotenti)] dalla necessit? (politica): colui che vince, infatti, si trova costretto a prendere, malvolentieri [credo: invite, e non "invito"], molte decisioni [lett. a fare molte cose: la costruzione ovviamente ? perifrastica: molte cose devono essere fatte dal vincitore (victori, dativo d'agente)], secondo l'istigazione di coloro che gli hanno propiziato la vittoria [lett. attraverso l'istigazione di coloro per mezzo dei quali ha vinto]. In questo momento [va anche bene: situazione; parafrasi per nunc, ora] nessun altro luogo dev'esserti pi? caro della patria, n? devi amarla di meno (la tua patria), solo perch? ? pi? stravolta, ma (devi) piuttosto commiserarla, non privandola - essa gi? priva di molti uomini giusti - anche della tua presenza.
Trad. Bukowski
Altra lettera di cicerone, Familiares, XV, 7 maxima sum laetitia adfectus, cum audivi consulem te factum esse, eumque honorem tibi deos fortunare volo atque a te pro tua parentisque tui dignitate administrari. nam cum te semper amavi dilexique, tum mei amantissimum cognovi in omni varietate rerum mearum, tum patris tui pluribus beneficiis vel defensus tristibus temporibus vel ornatus secundis et sum totus vester et esse debeo, cum praesertim matris tuae, gravissimae atque optimae feminae, maiora erga salutem dignitatemque meam studia quam erant a muliere postulanda perspexerim. quapropter a te peto in maiorem modum ut me absentem diligas atque defendas.
Mi fa enorme piacere [lett. ? perfetto, ma ricordati l'utilizzo dei "tempi epistolari"] la notizia [cum audivi] della tua nomina a console [lett. mi ha fatto molto piacere quando ho sentito che sei stato fatto?] e voglio che gli dei benedicano questo tuo incarico e che tu lo svolga [administrari] secondo il senso dell'onore che contraddistingue te e la tua gente [lett. e sia amministrato? e del tuo genitore]. Infatti, come ti ho sempre voluto bene, e la tua presenza mi ha sempre fatto piacere, cos? so che mi sei stato vicino in ogni mia tribolazione: e so che, grazie agli enormi favori di tuo padre, mi sono sentito al sicuro [defensus] nelle occasioni spiacevoli e onorato in quelle propizie [secundis], e ora vi sono molto vicino, lo devo [sono tutto vostro? mantenendo la traduzione letterale], soprattutto a [lett. di, mantenendo la traduzione letterale] tua madre, donna austera e meravigliosa, alla quale devo riconoscere [ho reso cos?, in modo letterario, perspexerim] (d'aver avuto), a riguardo della mia incolumit? e del mio onore, maggiori sollecitudini di quanto fossero da chiedere ad una moglie [il senso ? chiaro, la traduzione farraginosa: Cicerone vuol dire che la madre del console si ? preoccupato per lui pi? di una moglie]. Perci?, ora pi? che mai [in maiorem modum] ti scongiuro di volermi bene e di (continuare a) difendermi, in mia assenza.
Trad. Bukowski.
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