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Bukowski
Re: traduzione opera integrale   stampa
Data:
28/04/2002 6.30.03




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Seneca, Lettere a Lucilio, 3 [la traduzione ? sotto l'originale latino]

III. SENECA LUCILIO SUO SALUTEM

[1] Epistulas ad me perferendas tradidisti, ut scribis, amico tuo; deinde admones me ne omnia cum eo ad te pertinentia communicem, quia non soleas ne ipse quidem id facere: ita eadem epistula illum et dixisti amicum et negasti. Itaque si proprio illo verbo quasi publico usus es et sic illum amicum vocasti quomodo omnes candidatos 'bonos viros' dicimus, quomodo obvios, si nomen non succurrit, 'dominos' salutamus, hac abierit. [2] Sed si aliquem amicum existimas cui non tantundem credis quantum tibi, vehementer erras et non satis nosti vim verae amicitiae. Tu vero omnia cum amico delibera, sed de ipso prius: post amicitiam credendum est, ante amicitiam iudicandum. Isti vero praepostero officia permiscent qui, contra praecepta Theophrasti, cum amaverunt iudicant, et non amant cum iudicaverunt. Diu cogita an tibi in amicitiam aliquis recipiendus sit. Cum placuerit fieri, toto illum pectore admitte; tam audaciter cum illo loquere quam tecum. [3] Tu quidem ita vive ut nihil tibi committas nisi quod committere etiam inimico tuo possis; sed quia interveniunt quaedam quae consuetudo fecit arcana, cum amico omnes curas, omnes cogitationes tuas misce. Fidelem si putaveris, facies; nam quidam fallere docuerunt dum timent falli, et illi ius peccandi suspicando fecerunt. Quid est quare ego ulla verba coram amico meo retraham? quid est quare me coram illo non putem solum? [4] Quidam quae tantum amicis committenda sunt obviis narrant, et in quaslibet aures quidquid illos urit exonerant; quidam rursus etiam carissimorum conscientiam reformidant et, si possent, ne sibi quidem credituri interius premunt omne secretum. Neutrum faciendum est; utrumque enim vitium est, et omnibus credere et nulli, sed alterum honestius dixerim vitium, alterum tutius. [5] Sic utrosque reprehendas, et eos qui semper inquieti sunt, et eos qui semper quiescunt. Nam illa tumultu gaudens non est industria sed exagitatae mentis concursatio, et haec non est quies quae motum omnem molestiam iudicat, sed dissolutio et languor. [6] Itaque hoc quod apud Pomponium legi animo mandabitur: 'quidam adeo in latebras refugerunt ut putent in turbido esse quidquid in luce est'. Inter se ista miscenda sunt: et quiescenti agendum et agenti quiescendum est. Cum rerum natura delibera: illa dicet tibi et diem fecisse se et noctem. Vale.

3

1 Mi scrivi che hai dato a un tuo amico delle lettere da consegnarmi; mi inviti poi a non discutere con lui di tutto quello che ti riguarda, poich? tu stesso non ne hai l'abitudine. Cos? nella stessa lettera affermi e poi neghi che quello ? tuo amico. Se usi una parola specifica in senso generico e lo chiami amico come noi chiamiamo "onorevoli" tutti quelli che aspirano a una carica pubblica, oppure salutiamo con un "caro" chi incontriamo, se il nome non ci viene in mente, lasciamo perdere. 2 Ma se consideri amico uno e non ti fidi di lui come di te stesso, sbagli di grosso e non conosci abbastanza il valore della vera amicizia. Con un amico decidi tranquillamente di tutto, ma prima decidi se ? un amico: una volta che hai fatto amicizia, ti devi fidare; prima, per?, devi decidere se ? vera amicizia. Confondono i doveri dell'amicizia sovvertendone l'ordine le persone che, contrariamente agli insegnamenti di Teofrasto, dopo aver concesso il loro affetto, cominciano a giudicare e, avendo giudicato, non mantengono l'affetto. Rifletti a lungo se ? il caso di accogliere qualcuno come amico, ma, una volta deciso, accoglilo con tutto il cuore e parla con lui apertamente come con te stesso. 3 Vivi in modo da non aver segreti nemmeno per i tuoi nemici. Poich?, per? ci sono cose che ? abitudine tener nascoste, dividi con l'amico ogni tua preoccupazione, ogni tuo pensiero. Se lo giudichi fidato, lo renderai anche tale. Chi ha paura di essere ingannato insegna a ingannare e i suoi sospetti autorizzano ad agire disonestamente. Perch? di fronte a un amico dovrei pesare le parole? Perch? davanti a lui non dovrei sentirmi come se fossi solo? 4 C'? gente che racconta al primo venuto fatti che si dovrebbero confidare solo agli amici e scarica nelle orecchie di uno qualunque i propri tormenti. Altri, invece, temono persino che le persone pi? care vengano a sapere le cose e nascondono sempre pi? dentro ogni segreto, per non confidarlo, se potessero, neppure a se stessi. Sono due comportamenti da evitare perch? ? un errore sia credere a tutti, sia non credere a nessuno, ma direi che il primo ? un difetto pi? onesto, il secondo pi? sicuro. 5 Allo stesso modo meritano di essere biasimati sia gli eterni irrequieti, sia gli eterni flemmatici. Non ? operosit? godere dello scompiglio, ma lo smaniare di una mente esagitata, come non ? quiete giudicare fastidiosa ogni attivit?, bens? fiacchezza e indolenza. 6 Ricordala bene, perci? questa frase che ho letto in Pomponio: "C'? chi si tiene cos? ben nascosto che gli sembra tempesta tutto ci? che succede sotto il sole." Bisogna saper conciliare queste due opposte tendenze: chi ? flemmatico deve agire e deve calmarsi chi ? sempre in attivit?. Consigliati con la natura: ti dir? che ha creato il giorno e la notte. Stammi bene.

Trad. database progettovidio
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