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Mittente:
Bukowski
Re: de finibus di Cicerone   stampa
Data:
28/04/2002 15.46.18




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E' da premettere che ? un brano non facile, non tanto per la peculiarit? dei costrutti, ma per la densit? delle risonanze filosofiche: nel V libro "Sul sommo bene?" Cicerone espone, come si sa, la dottrina accademica [bisognerebbe averne un'infarinatura, per approntare una traduzione corretta] e, caso quasi unico data l' "impersonalit?" dell'esposizione, mostra pi? forte la sua "velleit?" filosofica: ne vien fuori uno stile volutamente "tecnico", e traspare la difficolt? di "adeguare" la terminologia latina a quella greca, da cui quei concetti provengono.
Dico questo per giustificare la mia traduzione "aerea" in alcuni punti.

M. TVLLI CICERONIS DE FINIBVS BONORVM ET MALORVM LIBER QVINTVS

[36] Itaque e contrario moderati aequabilesque habitus, affectiones ususque corporis apti esse ad naturam videntur. Iam vero animus non esse solum, sed etiam cuiusdam modi debet esse, ut et omnis partis suas habeat incolumis et de virtutibus nulla desit. Atque in sensibus est sua cuiusque virtus, ut ne quid impediat quo minus suo sensus quisque munere fungatur in iis rebus celeriter expediteque percipiendis, quae subiectae sunt sensibus.

Di contro, la riservatezza e naturalezza dei modi [moderati aequabilesque habitus], le affezioni e i bisogni del corpo sembrano rispondere ad una finalit? naturale. In realt?, avere un "animus" [inteso come principio pensante; lascio intradotti questi termini specificamente filosofici, per non comprometterne la pregnanza] non basta: esso dev'essere tale [cuiusdam modi?] da [?ut] preservare integra ogni sua propria facolt? e da possedere ogni tipo di virt? [lett. da non mancare?].
Anche la facolt? di percepire si pone come un suo [dell'animus] certo tipo di virt?, atta a scongiurare il pericolo di qualche defaiallance in quelle situazioni, che rientrano nel campo della percezione [quae subiectae sunt sensibus], e che abbisognano di "prontezza di riflessi" [celeriter expediteque percipiendis].

XIII. Animi autem et eius animi partis, quae princeps est, quaeque mens nominatur, plures sunt virtutes, sed duo prima genera, unum earum, quae ingenerantur suapte natura appellanturque non voluntariae, alterum autem earum, quae in voluntate positae magis proprio nomine appellari solent, quarum est excellens in animorum laude praestantia. Prioris generis est docilitas, memoria; quae fere omnia appellantur uno ingenii nomine, easque virtutes qui habent, ingeniosi vocantur. Alterum autem genus est magnarum verarumque virtutum, quas appellamus voluntarias, ut prudentiam, temperantiam, fortitudinem, iustitiam et reliquas eiusdem generis. Et summatim quidem haec erant de corpore animoque dicenda, quibus quasi informatum est quid hominis natura postulet.

D'altro canto, l'animus, e quella sua regione - la pi? importante - che (nello specifico) vien detta "mens", possiede svariate virt?, che si possono tuttavia includere in due (grandi) categorie principali: 1[unum earum] - quelle dette "involontarie", ovvero quelle che si generano spontaneamente [o, si direbbe oggi, le attivit? che non dipendono da un processo consapevole]; 2 [alterum autem earum] - quelle che, rientrando nel campo della volont?, a buon ragione vengon dette "volontarie": l'eccellenza, o meno, di queste ultime determina l'eccellenza, o meno, dell' "animus" che le possiede [ne deriva che l'uomo si pone come "il pi? eccellente" degli esseri, come vedremo]. Al primo genere appartengono l'attitudine ad imparare [docilitas] e a ricordare [memoria]; entrambe queste attitudini possono esser riassunte col nome di "ingenium", e quindi coloro che le possiedono vengon detti "ricchi di ingenium". Invece, quelle che appartengono all'altro genere, dette "volontarie", sono le virt? nel senso vero e nobile del termine - ad esempio la "prudentia", la "temperantia"? e tutte le altre dello stesso tipo. Per sommi capi, abbiamo sbrigato ci? ch'era da riferire riguardo le attitudini del corpo e dell'animo, con le quali - come dire [quasi] - ? stato fornito un "modello ideale" dell'uomo [lett. ci? che la natura?]

[37] Ex quo perspicuum est, quoniam ipsi a nobis diligamur omniaque et in animo et in corpore perfecta velimus esse, ea nobis ipsa cara esse propter se et in iis esse ad bene vivendum momenta maxima. Nam cui proposito sit conservatio sui, necesse est huic partes quoque sui caras suo genere laudabiles. Ea enim vita expetitur, quae sit animi corporisque expleta virtutibus, in eoque summum bonum poni necesse est, quandoquidem id tale esse debet, ut rerum expetendarum sit extremum. Quo cognito dubitari non potest, quin, cum ipsi homines sibi sint per se et sua sponte cari, partes quoque et corporis et animi et earum rerum, quae sunt in utriusque motu et statu, sua caritate colantur et per se ipsae appetantur.

Da ci? si evince chiaramente che - se ? vero che ci teniamo alla nostra persona e aspiriamo ad un perfetto funzionamento delle nostre attivit? organiche e spirituali - le virt? di cui sopra meritano, per se stesse, il nostro apprezzamento, dato che rappresentano condizioni imprescindibili [momenta maxima] di una vita sana [ad bene vivendum]. Difatti, chi ? attento alla propria integrit? [conservatio] (psico-fisica), giocoforza [necesse est] apprezza queste sfaccettature tipiche della sua conformazione. In effetti, si aspira ad una vita al massimo delle proprie potenzialit? psico-fisiche: in ci?, allora, deve consistere il sommo bene - anche tenendo in conto del fatto che ? molto difficile ottenere una tale condizione ottimale [trad. necessariamente libera]. Alla luce di questa consapevolezza, risulta ovvio che - se ? vero che gli uomini tengono, per natura, alla propria persona - la funzionalit? psico-fisica, e tutte le attitudini che ad essa ineriscono, in atto o in potenza, meritano somma attenzione e sono appetibili per se stesse.

[38] Quibus expositis facilis est coniectura ea maxime esse expetenda ex nostris, quae plurimum habent dignitatis, ut optimae cuiusque part?s, quae per se expetatur, virtus sit expetenda maxime. Ita fiet, ut animi virtus corporis virtuti anteponatur animique virtutes non voluntarias vincant virtutes voluntariae, quae quidem proprie virtutes appellantur multumque excellunt, propterea quod ex ratione gignuntur, qua nihil est, in homine divinius. Etenim omnium rerum, quas et creat natura et tuetur, quae aut sine animo sunt aut multo secus, earum summum bonum in corpore est, ut non inscite illud dictum videatur in sue, animum illi pecudi datum pro sale, ne putisceret.

Detto questo, risulta altrettanto ovvio che dobbiamo coltivare, con insistenza, quelle facolt?, tra le altre che possediamo [ex nostris], che risultino avere maggiore dignit?, tal che il nostro scopo principale sia di raggiungere la perfezione morale, di per s? ottima e appetibile. Ne consegua che l'eccellenza morale sia anteposta all'eccellenza fisica e che le virt? "volontarie" [cio? quelle, come detto, che dipendono dalla nostra volont?] - le virt? per antonomasia [quae quidem proprie virtutes appellantur multumque excellunt], poich? provengono dalla ragione, di cui, nell'uomo, nulla c'? di pi? divino - abbiano il sopravvento su quelle "involontarie".
Inoltre, quegli esseri, che la natura crea e protegge - privi di animo, o quasi - hanno nella qualit? fisica la loro somma perfezione, tal che - spiritosamente [non inscite] - c'? quel modo di dire secondo il quale l'unica intelligenza, nel porco, ? quella di tirare avanti [lett. di non marcire, corrompersi].

XIV. Sunt autem bestiae quaedam, in quibus inest aliquid simile virtutis, ut in leonibus, ut in canibus, in equis, in quibus non corporum solum, ut in suibus, sed etiam animorum aliqua ex parte motus quosdam videmus. in homine autem summa omnis animi est et in animo rationis, ex qua virtus est, quae rationis absolutio definitur, quam etiam atque etiam explicandam putant.

Ci sono, inoltre, alcuni animali dotati di un qualcosa che ricorda molto da vicino la virt?: i leoni, ad esempio, i cani, i cavalli, nei quali riscontriamo non solo atteggiamenti del corpo, come ad esempio nei maiali, ma anche, in un certo senso [aliqua ex parte], talune passioni o attivit? mentali [motus animi]. Nell'uomo, invece, alberga l'animo per eccellenza, e - nell'animo - l'espressione pi? elevata della ragione, dalla quale proviene la virt?, definita "compiuta perfezione" [absolutio] della ragione, che - con insistenza - si ritiene dover conseguire.

[39] Earum etiam rerum, quas terra gignit, educatio quaedam et perfectio est non dissimilis animantium. itaque et 'vivere' vitem et 'mori' dicimus arboremque et 'novellan' et 'vetulam' et 'vigere' et 'senescere'.

Anche nelle piante [earum rermu, quas terra gignit] si riscontra una sorta di "formazione" e di perfezione non dissimile da quella degli altri animali. E cos?, della vite, diciamo che "vive", dell'albero diciamo che "muore", e li diciamo "giovane" e "vecchia", e che "? pieno di vita" e "invecchia".

Trad. Bukowski
  de finibus di Cicerone
      Re: de finibus di Cicerone
 

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