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23/05/2002 16.28.16
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Orazio, Odi, I, 37 [la traduzione ? sotto l'originale]
Nunc est bibendum, nunc pede libero pulsanda tellus, nunc Saliaribus ornare puluinar deorum tempus erat dapibus, sodales. 5 Antehac nefas depromere Caecubum cellis auitis, dum Capitolio regina dementis ruinas funus et imperio parabat contaminato cum grege turpium 10 morbo uirorum, quidlibet impotens sperare fortunaque dulci ebria. Sed minuit furorem uix una sospes nauis ab ignibus, mentemque lymphatam Mareotico 15 redegit in ueros timores Caesar, ab Italia uolantem remis adurgens, accipiter uelut mollis columbas aut leporem citus uenator in campis niualis 20 Haemoniae, daret ut catenis fatale monstrum. Quae generosius perire quaerens nec muliebriter expauit ensem nec latentis classe cita reparauit oras, 25 ausa et iacentem uisere regiam uoltu sereno, fortis et asperas tractare serpentes, ut atrum corpore conbiberet uenenum, deliberata morte ferocior: 30 saeuis Liburnis scilicet inuidens priuata deduci superbo, non humilis mulier, triumpho.
37, per la sconfitta di Cleopatra Ora puoi bere, puoi il piede battere libero sulla terra; tornato, tornato ? ora il tempo di ornare, amici, l'ara degli dei con un banchetto da fare invidia ai Salii. Sacrilego prima sarebbe stato togliere il cecubo dalle cantine, finch? ebbra per l'onda della fortuna e in balia d'ogni speranza, con la sua accozzaglia d'uomini sfregiata dalle mutilazioni, quella regina impazzita minacciava di abbattere il Campidoglio e annientare l'impero. Ma una sola nave scampata alle fiamme vanifica il suo furore e alla cruda realt? riconduce Cesare quella sua mente sconvolta dal vino: come un cacciatore insegue sulle nevi di Tessaglia la lepre o come fra colombe smarrite incombe uno sparviero, la braccava, che fuggiva dall'Italia, forzando i remi per ridurre in catene il mostro del nostro destino. Ma lei, cercando morte con onore, come in cuor suo non era donna da temere la spada, non fugg? per mare a nascondersi in lidi lontani; lei serena in volto la sua citt? in rovina os? guardare e intrepida stringere in mano aspidi irritati per assorbire nelle sue vene il loro nero veleno, con l'orgoglio spietato di chi vuol morire: mai avrebbe subito che navi crudeli la trascinassero superbamente in trionfo, lei ch'era stata regina.
Trad. database progettovidio
Orazio, Odi, III, 30 [la traduzione ? sotto l'originale]
Exegi monumentum aere perennius regalique situ pyramidum altius, quod non imber edax, non Aquilo inpotens possit diruere aut innumerabilis 5 annorum series et fuga temporum. Non omnis moriar multaque pars mei uitabit Libitinam; usque ego postera crescam laude recens, dum Capitolium scandet cum tacita uirgine pontifex. 10 Dicar, qua uiolens obstrepit Aufidus et qua pauper aquae Daunus agrestium regnauit populorum, ex humili potens princeps Aeolium carmen ad Italos deduxisse modos. Sume superbiam 15 quaesitam meritis et mihi Delphica lauro cinge uolens, Melpomene, comam.
Congedo Pi? immortale del bronzo ho lasciato un ricordo, che s'alza pi? delle piramidi reali, e non potr? distruggerlo morso di pioggia, violenza di venti o l'incessante catena degli anni a venire, il dileguarsi del tempo. No, non sar? la fine: gran parte di me sfuggir? alla morte. E finch? sul Campidoglio salir? con la vergine muta un pontefice, nel futuro sempre pi? fiorir? di gloria. Cos?, dove strepita tumultuoso l'?ufido, dove in cerca d'acqua Dauno regn? sul popolo dei campi, si dir? che io, d'umili origini fatto signore, per primo in ritmi italiani ho portato la poesia d'Eolia. Merito d'orgoglio per te, Melp?mene: con l'alloro di Delfi, se vuoi, cingimi allora i capelli.
Trad. database progettovidio
Seneca, Lettere a Lucilio, I, 1-3
[1] Ita fac, mi Lucili: vindica te tibi, et tempus quod adhuc aut auferebatur aut subripiebatur aut excidebat collige et serva. Persuade tibi hoc sic esse ut scribo: quaedam tempora eripiuntur nobis, quaedam subducuntur, quaedam effluunt. Turpissima tamen est iactura quae per neglegentiam fit. Et si volueris attendere, magna pars vitae elabitur male agentibus, maxima nihil agentibus, tota vita aliud agentibus. [2] Quem mihi dabis qui aliquod pretium tempori ponat, qui diem aestimet, qui intellegat se cotidie mori? In hoc enim fallimur, quod mortem prospicimus: magna pars eius iam praeter?t; quidquid aetatis retro est mors tenet. Fac ergo, mi Lucili, quod facere te scribis, omnes horas complectere; sic fiet ut minus ex crastino pendeas, si hodierno manum inieceris. [3] Dum differtur vita transcurrit. Omnia, Lucili, aliena sunt, tempus tantum nostrum est; in huius rei unius fugacis ac lubricae possessionem natura nos misit, ex qua expellit quicumque vult. Et tanta stultitia mortalium est ut quae minima et vilissima sunt, certe reparabilia, imputari sibi cum impetravere patiantur, nemo se iudicet quicquam debere qui tempus accepit, cum interim hoc unum est quod ne gratus quidem potest reddere.
1 Comportati cos?, Lucilio mio, rivendica il tuo diritto su te stesso e il tempo che fino ad oggi ti veniva portato via o carpito o andava perduto raccoglilo e fanne tesoro. Convinciti che ? proprio cos?, come ti scrivo: certi momenti ci vengono portati via, altri sottratti e altri ancora si perdono nel vento. Ma la cosa pi? vergognosa ? perder tempo per negligenza. Pensaci bene: della nostra esistenza buona parte si dilegua nel fare il male, la maggior parte nel non far niente e tutta quanta nell'agire diversamente dal dovuto. 2 Puoi indicarmi qualcuno che dia un giusto valore al suo tempo, e alla sua giornata, che capisca di morire ogni giorno? Ecco il nostro errore: vediamo la morte davanti a noi e invece gran parte di essa ? gi? alle nostre spalle: appartiene alla morte la vita passata. Dunque, Lucilio caro, fai quel che mi scrivi: metti a frutto ogni minuto; sarai meno schiavo del futuro, se ti impadronirai del presente. Tra un rinvio e l'altro la vita se ne va. 3 Niente ci appartiene, Lucilio, solo il tempo ? nostro. La natura ci ha reso padroni di questo solo bene, fuggevole e labile: chiunque voglia pu? privarcene. Gli uomini sono tanto sciocchi che se ottengono beni insignificanti, di nessun valore e in ogni caso compensabili, accettano che vengano loro messi in conto e, invece, nessuno pensa di dover niente per il tempo che ha ricevuto, quando ? proprio l'unica cosa che neppure una persona riconoscente pu? restituire.
Trad. database progettovidio
Quintiliano, Institutio oratoria, X, 1 (93-95)
http://www.skuola.net/latino/quintili...
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