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Bukowski
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Re: Seneca, Velleio e Floro...
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Data:
10/09/2002 19.08.12
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Floro, Epitomi II, 21 passim Nec ulla re magis hostilium copiarum apparuit magnitudo quam post victoriam. Quippe inmensae classis naufragium bello factum toto mari ferebatur, Arabumque et Sabaeorum et mille aliarum Asiae gentium spolia purpura auroque inlita adsidue mote ventis maria revomebant. Prima dux fugae regina cum aurea puppe veloque purpureo in altum dedit. Mox secutus Antonius, sed instare vestigiis Caesar. Itaque nec praeparata in Oceanum fuga nec munita praesidiis utraque Aegypti cornua, Paraetonium atque Pelusium, profuere: prope manu tenebantur. Prior ferrum occupavit Antonius, regina ad pedes Caesaris provoluta temptavit oculos ducis. Frustra quidem; nam pulchritudo infra pudicitiam principis fuit. Nec illa de vita, quae offerebatur, sed de parte regi laborabat. Quod ubi desperavit a principe servarique se triumpho vidit, incautiorem nancta custodiam in mausoleum se (sepulchra regum sic vocant) recipit. Ibi maximos, ut solebat, induta cultus in referto odoribus solio iuxta suum se conlocavit Antonium, admotisque ad venas serpentibus sic morte quasi somno soluta est.
(In modo paradossale,) mai come dopo la (nostra) vittoria il dispiegamento nemico apparve in tutta la sua grandezza; infatti, i relitti [naufragium] dell'immensa flotta, residuato dello scontro, galleggiavano [ferebatur, erano portati] ovunque, sulla superficie del mare: le spoglie, purpuree e dorate, degli Arabi, dei Sabei e d'innumerevoli altre popolazioni orientali [lett. Asiae] coprivano completamente la distesa [lett. removebant maria, "prendevano il posto" del mare], sciabordate (come onde) dai venti [rendo cos?: "adsidue mote ventis"]. La prima a dare il segnale di fuga fu la regina [Cleopatra], che si volse verso l'alto mare con la poppa dorata e la vela purpurea. Subito la segu? Antonio. Ma Cesare [Augusto = Ottaviano] era alle calcagna. (Cos?) n? l'ingegnosa ritirata puntando verso il largo [in Oceanum], n? tantomeno gli estremi pres?di egiziani di Paretonio e Pelusio [due citt?; lett. nec Paraetonium atque Pelusium utraque cornua Aegypti munita praesidiis], giovarono [profuere = profuerunt] (alla loro salvezza). Oramai erano in trappola [prope tenebantur manu, "in potere" (di Ottaviano)]. Antonio fu il primo a togliersi la vita con un colpo di spada. La regina (in un primo momento) - gettatasi ai piedi di Cesare - tent? l'arma della seduzione [rendo cos?: "temptavit oculos"]. Ma invano. La (sua) bellezza infatti nulla potette al confronto dell'inflessibile pudore del condottiero. Del resto, (Cleopatra) si preoccupava (pi? che altro) della propria discendenza regale, e non della (propria) vita, ch'era disposta a perdere [quae offerebatur]. Caduto ogni tentativo [quod ubi desperavit], ella si sent? alla stregua di una spoglia trionfale nelle mani del condottiero: (allora,) giovandosi [nancta, da nanciscor; lett. andare incontro] di una sorveglianza abbastanza permissiva [incautiorem], si ritir? nel "mausoleo" - cos? veniva chiamato il sepolcro regale. L?, adorna di splendide vesti [induta cultus maximos] - com'era suo solito - sul trono profumato di essenze, raggiunse [conlocavit se iuxta?; in senso figurato] il suo amato Antonio, facendosi mordere da degli aspidi e scivolando verso la morte come verso un sonno profondo.
Trad. Bukowski
Floro, Epitomi I, 1 passim Ancus deinde Marcius, nepos Pompili ex filia, pari ingenio. Igitur et muro moenia amplexus est et interfluentem urbi Tiberium ponte commisit Ostiamque in ipso maris fluminisque confinio coloniam posuit, iam tum videlicet praesagiens animo futurum ut totius mundi opes et commeatus illo velut maritimo urbis hospitio reciperentur. Tarquinius postea Priscus transmarinae originis, regnum ultro petens accepit ob industriam atque elegantiam; quippe qui oriundus Corintho Graecum ingenium Italicis artibus miscuisset. Hic et senatus maiestatem numero ampliavit, et centuriis tribus auxit, quatenus Attius Nevius numerum augere prohibebat, vir summus augurio. Quem rex in experimentum rogavit, fierine posset, quod ipse mente conceperat. Ille rem expertus augurio, posse respondit. "Atquin hoc", inquit, "agitaram, an cotem illam secare novacula possem"; et augur " potes ergo", inquit, et secuit. Inde Romanis sacer auguratus. Neque pace Tarquinius quam bello promptior.
(Successe) quindi Anco Marzio, nipote di (Numa) Pompilio, per parte di madre [lett. di figlia, di Pompilio s'intende, e dunque propria madre], uomo di pari virt? (rispetto al nonno). Egli, dunque, fece fortificare (la citt?), fece costruire un ponte sul Tevere, che attraversava la citt?, e fond? la colonia di Ostia, quasi allora "indovinando" [iam tum videlicet praesagiens] che, in un (prossimo) futuro, quel porto sarebbe stato crocevia di uomini e merci di tutto il mondo [rendo cos?: "ut totius mundi opes et commeatus illo velut maritimo urbis hospitio reciperentur", di facile senso]. Dopo di lui, sal? al trono Tarquinio Prisco, uomo d'oltremare [ovvero che, come specificato appena dopo, proveniva dalla Grecia], conseguendo (quella carica) in modo "conseguenziale" [ultro, spontaneamente], (ovvero) in virt? della sua probit? e raffinatezza di costumi; non per nulla [quippe], egli - di origine corinzia - aveva "innestato" il genio greco nella cultura italica. Costui aument? la rappresentanza senatoria, accrebbe le centurie, nonostante il parere fin allora contrario di Azio Nevio [rendo cos?: " quatenus Attius Nevius numerum augere prohibebat ", di facile senso], un'autorit? [vir summus] per l'arte augurale. Il re lo interpell? per una prova: se potesse accadere, o meno, ci? che egli avrebbe [in questo caso il piucch. si rende cos?] pensato. L'augure, presi gli auspici, disse che la cosa era possibile. "Ebbene - incalz? (Tarquinio) - mi chiedevo s'era possibile ch'io tagliassi quella cote [pietra dura] con un rasoio". L'augure, di tutta risposta: "Certo!". E cos? fu [et secuit, e (effettivamente la) tagli?]. Da quel momento, l'arte augurale per i Romani divenne sacra. Tarquinio (da parte sua, si rivel?) risoluto in evenienze belliche almeno quanto in pace.
Trad. Bukowski
Velleio Patercolo, Storia romana, II, 123 [1] Venitur ad tempus, in quo fuit plurimum metus. Quippe Caesar Augustus cum Germanicum nepotem suum reliqua belli patraturum misisset in Germaniam, Tiberium autem filium missurus esset in Illyricum ad firmanda pace quae bello subegerat, prosequens eum simulque interfuturus athletarum certaminis ludicro, quod eius honori sacratum a Neapolitanis est, processit in Campaniam. Quamquam iam motus imbecillitatis inclinataeque in deterius principia valetudinis senserat, tamen obnitente vi animi prosecutus filium digressusque ab eo Beneventi ipse Nolam petiit: et ingravescente in dies valetudine, cum sciret, quis volenti omnia post se salva remanere accersendus foret, festinanter revocavit filium; ille ad patrem patriae expectato revolavit maturius.
[II] Tum securum se Augustus praedicans circumfususque amplexibus Tiberii sui, commendans illi sua atque ipsius opera nec quidquam iam de fine, si fata poscerent, recusans, subrefectus primo conspectu alloquioque carissimi sibi spiritus, mox, cum omnem curam fata vincerent, in sua resolutus initia Pompeio Apuleioque consulibus septuagesimo et sexto anno animam caelestem caelo reddidit.
E ora vengo a trattare un momento (della storia di Roma) veramente terribile e triste: ovvero, all'indomani che Cesare Augusto ebbe inviato [cum? misisset] in Germania suo nipote Germanico, per risolvere definitivamente il conflitto [patraturum (participio futuro con valore finale) reliqua belli], e al tempo d'inviare [cum? misurus esset; perifrastica con valore di "incipienza" o "intenzionalit?" di azione; insomma, azione che comunque avverr? di l? a poco] il figlio Tiberio in Illiria, a trattare con un accordo di pace le conquiste ricavate con la guerra. Con l'intenzione di seguirlo [prosequens eum], Tiberio fece prima tappa in Campania, per assistere [interfuturus, altro participio futuro con valore finale; propr. partecipare] ad una gara di atleti organizzata in suo onore dagli abitanti di Napoli. Sebbene avesse gi? avvertito i sintomi di un'incombente peggioramento di salute [rendo cos?: "motus imbecillitatis inclinataeque in deterius principia valetudinis", di facile senso], tuttavia s'ostin? a seguire il figlio [obnitente vi animi prosecutus filium] e, separatosi da lui all'altezza di Benevento, prosegu? alla volta di Nola. Dato che le sue condizioni si aggravavano di giorno in giorno, ben sapendo su chi avrebbe dovuto contare [cum sciret? quis? accersendus foret], se desiderava che, dopo la sua morte [post se], ogni cosa rimanesse al suo posto [omnia remanere salva; in ambito politico, ovviamente], richiam? precipitosamente il figlio; e quello, altrettanto precipitosamente - pi? di quanto ci si potesse aspettare [maturius expectato] - raggiunse il padre della patria. Cos?, dicendosi sereno e circondato dall'affetto [lett. dagli abbracci] del suo amato Tiberio, Augusto gli raccomand? di rispettare, per il futuro, la condotta politica fin allora tenuta da entrambi [rendo cos?: "ommendans illi sua atque ipsius opera", di facile senso], oramai rassegnato alla morte, secondo il volere dei fati [nec quidquam iam de fine, si fata poscerent, recusans]. (In realt?,) in un primo momento, s'era rinfrancato alla vista e alle parole (di conforto) del suo amatissimo (figlio), ma poi - dato che il destino storn? ogni tentativo di riaversi [curam] - torn? "cenere alla cenere" [resolutus in initia sua], rendendo al cielo la propria anima celeste. Aveva, allora, 76 anni, e si era sotto il consolato di Pompeio ed Apuleio.
Seneca, La provvidenza, V, 7 sgg. Passim
6. Nihil cogor, nihil patior inuitus, nec seruio deo sed assentior, eo quidem magis quod scio omnia certa et in aeternum dicta lege decurrere. 7. Fata nos ducunt et quantum cuique temporis restat prima nascentium hora disposuit. Causa pendet ex causa, priuata ac publica longus ordo rerum trahit: ideo fortiter omne patiendum est quia non, ut putamus, incidunt cuncta sed ueniunt. Olim constitutum est quid gaudeas, quid fleas, et quamuis magna uideatur uarietate singulorum uita distingui, summa in unum uenit: accipimus peritura perituri. 8. Quid itaque indignamur? quid querimur? ad hoc parati sumus. Vtatur ut uult suis natura corporibus: nos laeti ad omnia et fortes cogitemus nihil perire de nostro. Quid est boni uiri? praebere se fato. Grande solacium est cum uniuerso rapi; quidquid est quod nos sic uiuere, sic mori iussit, eadem necessitate et deos alligat. Inreuocabilis humana pariter ac diuina cursus uehit
Io non mi sento n? sono costretto ad alcunch? da niente e da nessuno, nulla patisco o faccio contro la mia volont? inquanto il mio volere ? il volere di Dio, con cui concordo pienamente e di cui quindi non sono schiavo, perch? so che tutto si svolge secondo una legge ben precisa e progettata per l'eternit?. ? il destino che ci guida e tutta la nostra vita ? stata gi? stabilita, sin dal momento della nascita, tutte le cause, tutte le situazioni, umane e non umane, sono interdipendenti, concatenate, l'una legata all'altra, in una lunga serie che determina i fatti, sia pubblici che privati. Bisogna dunque accettare tutto con coraggio, giacch?, contrariamente a quel che noi crediamo, le cose non capitano a caso ma vengono tutte da una causa. Fin dal tempo dei tempi ? stabilito di che uno goda o pianga e bench? le vite dei singoli individui siano all'apparenza cos? diverse fra loro la conclusione, nell'insieme, ? una sola: tutto ? mortale, noi come le cosse che ci sono date. Perch? dunque indignarsi? Perch? lamentarsi? Siamo nati alla morte: la natura disponga dunque a suo piacimento di queste vite materiali che appartengono a lei, ma ci? ch'? nostro - l'anima, voglio dire - non morir?, ed ? questa convinzione che deve renderci forti e sereni di fronte a tutto. L'uomo buono s'affida al destino: ? un grande conforto, e anche un risarcimento, sentirsi trascinati con l'intero universo, suoi compartecipi in tutto. Consoliamoci, pensando come a quella legge di necessit?, quale che essa sia, che ha stabilito per noi questa vita e questa morte, sia soggetto Dio stesso: un corso irrevocabile trascina con s?, parimenti, le cose umane e le cose divine.
Trad. database progettovidio [prossima pubblicazione]
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