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Mittente:
Bukowski
Re: cicerone   stampa
Data:
04/10/2002 17.48.59




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Cara Roby, la prossima volta ti invito a non fare richieste cos? impegnative, in quanto a lunghezza.

Cicerone, Tusculane, I, 1 [la trad. ? sotto l'originale]

1 Cum defensionum laboribus senatoriisque muneribus aut omnino aut magna ex parte essem aliquando liberatus, rettuli me, Brute, te hortante maxime ad ea studia, quae retenta animo, remissa temporibus, longo intervallo intermissa revocavi, et cum omnium artium, quae ad rectam vivendi viam pertinerent, ratio et disciplina studio sapientiae, quae philosophia dicitur, contineretur, hoc mihi Latinis litteris inlustrandum putavi, non quia philosophia Graecis et litteris et doctoribus percipi non posset, sed meum semper iudicium fuit omnia nostros aut invenisse per se sapientius quam Graecos aut accepta ab illis fecisse meliora, quae quidem digna statuissent, in quibus elaborarent.
2 Nam mores et instituta vitae resque domesticas ac familiaris nos profecto et melius tuemur et lautius, rem vero publicam nostri maiores certe melioribus temperaverunt et institutis et legibus. quid loquar de re militari? in qua cum virtute nostri multum valuerunt, tum plus etiam disciplina. iam illa, quae natura, non litteris adsecuti sunt, neque cum Graecia neque ulla cum gente sunt conferenda. quae enim tanta gravitas, quae tanta constantia, magnitudo animi, probitas, fides, quae tam excellens in omni genere virtus in ullis fuit, ut sit cum maioribus nostris comparanda?
3 Doctrina Graecia nos et omni litterarum genere superabat; in quo erat facile vincere non repugnantes. nam cum apud Graecos antiquissimum e doctis genus sit poetarum, siquidem Homerus fuit et Hesiodus ante Romam conditam, Archilochus regnante Romulo, serius poeticam nos accepimus. annis fere cccccx post Romam conditam Livius fabulam dedit, C.Claudio,Caeci filio, M.Tuditano consulibus, anno ante natum Ennium. qui fuit maior natu quam Plautus et Naevius. II. sero igitur a nostris poetae vel cogniti vel recepti. quamquam est in Originibus solitos esse in epulis canere convivas ad tibicinem de clarorum hominum virtutibus; honorem tamen huic generi non fuisse declarat oratio Catonis, in qua obiecit ut probrum M.Nobiliori, quod is in provinciam poetas duxisset; duxerat autem consul ille in Aetoliam, ut scimus, Ennium. quo minus igitur honoris erat poetis, eo minora studia fuerunt, nec tamen, si qui magnis ingeniis in eo genere extiterunt, non satis Graecorum gloriae responderunt.
4 an censemus, si Fabio, nobilissimo homini, laudi datum esset, quod pingeret, non multos etiam apud nos futuros Polyclitos et Parrhasios fuisse? honos alit artes, omnesque incenduntur ad studia gloria, iacentque ea semper, quae apud quosque improbantur. summam eruditionem Graeci sitam censebant in nervorum vocumque cantibus; igitur et Epaminondas, princeps meo iudicio Graeciae, fidibus praeclare cecinisse dicitur, Themistoclesque aliquot ante annos cum in epulis recusaret lyram, est habitus indoctior. ergo in Graecia musici floruerunt, discebantque id omnes, nec qui nesciebat satis excultus doctrina putabatur.
5 in summo apud illos honore geometria fuit, itaque nihil mathematicis inlustrius; at nos metiendi ratiocinandique utilitate huius artis terminavimus modum. III. At contra oratorem celeriter complexi sumus, nec eum primo eruditum, aptum tamen ad dicendum, post autem eruditum. nam Galbam Africanum Laelium doctos fuisse traditum est, studiosum autem eum, qui is aetate anteibat, Catonem, post vero Lepidum, Carbonem, Gracchos, inde ita magnos nostram ad aetatem, ut non multum aut nihil omnino Graecis cederetur. Philosophia iacuit usque ad hanc aetatem nec ullum habuit lumen litterarum Latinarum; quae inlustranda et excitanda nobis est, ut, si occupati profuimus aliquid civibus nostris, prosimus etiam, si possumus, otiosi.
6 in quo eo magis nobis est elaborandum, quod multi iam esse libri Latini dicuntur scripti inconsiderate ab optimis illis quidem viris, sed non satis eruditis. fieri autem potest, ut recte quis sentiat et id quod sentit polite eloqui non possit; sed mandare quemquam litteris cogitationes suas, qui eas nec disponere nec inlustrare possit nec delectatione aliqua allicere lectorem, hominis est intemperanter abutentis et otio et litteris. itaque suos libros ipsi legunt cum suis, nec quisquam attingit praeter eos, qui eandem licentiam scribendi sibi permitti volunt.

Libero una buona volta, se non completamente per lo meno in gran parte, dalle fatiche dell'avvocatura e dai miei impegni di senatore, sono ritornato, Bruto, dietro le tue insistenti esortazioni, agli studi da me prediletti: studi che avevo trascurato a causa delle circostanze e interrotto per un lungo periodo di tempo, e a cui torno ora. E poich? la teoria e i precetti delle scienze che hanno per oggetto il retto vivere rientrano tutti quanti nella sfera dello studio della saggezza, cio? di quella che si chiama filosofia, io ho pensato di esporre l'argomento in lingua latina. Questo non significa che ? impossibile imparare la filosofia da libri greci e da maestri greci: ma io sono stato sempre convinto che i Romani nelle loro creazioni originali o abbiano mostrato pi? ingegno dei Greci, o abbiano reso pi? perfetto quanto hanno preso da essi - quello almeno che giudicavano meritevole del loro impegno. Effettivamente, le consuetudini e le norme della vita privata, e gli affari concernenti l'amministrazione della casa e la cura della famiglia, hanno avuto da noi un'organizzazione migliore e pi? degna; e per quanto riguarda lo Stato, senza dubbio i nostri antenati seppero regolarne l'equilibrio con istituzioni e con leggi migliori. Dell'arte militare non c'? bisogno di dire, perch? in quel campo i Romani, oltre a distinguersi per il loro valore, brillarono anche e soprattutto per scienza teorica. E poi, se si considerano le doti naturali e non quelle acquisite con l'educazione, n? il popolo greco n? nessun altro pu? reggere al nostro confronto. Chi pot? mai vantare una dignit?, una fermezza di carattere, una grandezza d'animo, una rettitudine, una lealt?, e una superiorit? morale sotto ogni punto di vista tale da potersi mettere a paragone con quella dei nostri padri?
La Grecia ci era superiore in cultura e in ogni genere di studi: ma in quel campo era facile vincere, dal momento che non c'erano avversari. In Grecia la poesia ha una tradizione antichissima, se Omero ed Esiodo vissero prima della fondazione di Roma, e Archiloco ai tempi di Romolo: da noi, invece, l'arte poetica apparve in epoca alquanto piu tarda. Livio, che ? precedente a Plauto e a Nevio, diede la sua prima rappresentazione a circa ,cinquecentodieci anni dalla fondazione di Roma, l'anno del consolato di Gaio Claudio, il figlio di Gaudio Cieco, e di Marco Tuditano: era quello l'anno prima della nascita di Ennio.
Come si vede, i Romani hanno fatto conoscenza con la poesia tardi, e tardi hanno accolto i poeti. ? vero che, nelle Origini, si legge che, ai banchetti, i convitati cantavano accompagnati dal flauto le gesta dei grandi uomini: ma che la poesia non fosse in onore lo prova un discorso di Catone, in cui questi rimprovera a Marco Nobiliore come una cosa indegna il fatto di essersi portato dietro dei poeti nella sua provincia: come ? noto, Marco Nobiliore, quando era console, aveva condotto con s? in Etolia Ennio. Cos?, quanto meno i poeti erano considerati, tanto meno la poesia destava interesse; ma con tutto ci?, quei pochi che mostrarono felice disposizione per questo genere letterario non fecero cattiva figura di fronte alla gloria dei Greci. Se Gaio Fabio, quel personaggio tanto in vista, avesse avuto qualche riconoscimento per la sua attivit? di pittore, come si fa a pensare che sarebbero mancati da noi i Policleti e i Parrasii? ? la fama l'alimento delle arti: la passione per gli studi nasce dal desiderio di gloria, e quelle attivit? che non riescono a divenire popolari restano per sempre trascurate. Segno di un'educazione veramente perfetta era per i Greci il saper cantare e suonare gli strumenti a corda; anche Epaminonda, quello che io considero l'uomo pi? grande di tutta la Grecia, sapeva suonare benissimo la cetra; e Temistocle, in un'epoca di poco precedente, per aver rifiutato di suonare la lira a un convito, si guadagn? la fama di ignorante. Cos?, in Grecia, la musica era un'arte fiorente: la imparavano tutti, e il fatto di non saperla era segno di cultura insufficiente. I Greci tenevano in grandissima considerazione anche la geometria, ed ? per questo che i loro ingegni pi? illustri si trovano nel campo matematico: noi, al contrario, abbiamo ristretto l'ambito di questa scienza alla semplice utilit? pratica della misura e del calcolo.
In compenso, per?, abbiamo fatto presto a impadronirci dell'eloquenza: arte che in principio non era basata sull'erudizione, ma semplicemente sull'abilit? pratica; soltanto piu tardi si richiese da essa anche una base dottrinale. ? noto che Galba, l'Africano e Lelio furono degli uomini di cultura; mentre Catone, che era pi? anziano di loro, fu semplicemente un dilettante. Pi? tardi vennero Lepido, Carbone, i Gracchi; e nel periodo che va dal loro tempo fino ad oggi gli oratori sono arrivati a un punto che permette loro di non sfigurare molto di fronte ai Greci, o di stare addirittura sullo stesso piano. La filosofia ? rimasta trascurata fino ai giorni nostri, e non ha mai potuto avere una buona veste latina: sta a me ora darle luce e vita - e cos?, se con la mia attivit? politica ho fatto un po' di bene ai miei compatrioti, potr? rendermi utile anche adesso che vivo ritirato. In questo campo il mio impegno dovr? essere tanto pi? intenso in quanto gi? esistono, si dice, parecchie opere latine scritte senza nessun criterio da persone bravissime senza dubbio, ma che lasciano a desiderare dal punto di vista della cultura. Ora, pu? essere benissimo che uno abbia delle idee giuste e non sia in grado d'esprimerle con eleganza; ma mettere per iscritto i propri pensieri quando non si ? capaci n? di dar loro ordine e chiarezza, n? di attrarre il lettore con la piacevolezza dello stile, significa far cattivo uso del proprio tempo e dei mezzi della lingua. Libri del genere li legge solo chi li ha scritti, insieme coi suoi seguaci; e nessuno li tocca eccetto quelli che vogliono anche per s? la libert? di scrivere a quel modo. Ecco perch?, se ho contribuito un po' anch'io alla gloria dell'eloquenza, molto pi? impegno metter? nell'aprire la strada alla filosofia, che della mia eloquenza costituiva la base.

Fonte: www.bibliomania.it
  cicerone
      Re: cicerone
 

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