Data:
16/10/2002 5.22.47
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Ogges?mmmio, ma chi ti ha assegnato 'sto brano-menagramo ://.
E allora, dobbiamo amare tutti i nostri (cari) - sia quelli che desideriamo (ci) sopravvivano [superstites] per legge di nascita [ovvero, figli e nipoti, ad esempio] sia quelli che ci precedono (nella morte), secondo lo stesso loro comprensibile e giusto augurio [ovvero, i genitori, che si augurano di morire prima dei figli], (dobbiamo amarli) per quanto nulla ci sia stato promesso a riguardo della loro immortalit?, anzi a riguardo della loro stessa longevit? [ovvero, dobbiamo amarli per quello che sono: esseri che un giorno vedremo, o sappiamo, morire]. Dobbiamo persuaderci spesso ad amare le cose che (un giorno) non ci saranno pi? [recessura], e che anzi gi? son proiettate verso la morte [recedentia]: prendi frutto da ci? che la fortuna ti ha donato, per quanto senza garanzie [rendo cos? il cervellotico "exempto (eximo) auctore"]. Afferrate a volo [ma il "rapite" di Seneca, bellissimo, insiste ancor pi? sulla fugacit? dell'attimo: come tale ? intraducibile] le gioie dai (vostri) figli, a vostra volta [invicem] fate che loro prendano gioia da voi, ed assaporate tutta (questa) gioia fino in fondo e nell'attimo [sine dilatione]: il domani non ? mai certo [ma lett. nihil de hodierna nocte promittitur; nulla ? promesso a riguardo?; ovvero, non ? detto che si arrivi fino a stanotte] - anzi, mi sono spinto troppo - l'ora che viene non ? mai certa [lett. (nulla ? promesso) a riguardo?]. Bisogna affrettarsi, (la morte) c'insegue [instatur a tergo]: oramai, questa comunione di esistenze sar? sciolta, questa convivenza di vita si sfalder?, con grandi grida di dolore. La vita ? un attimo furtivo: vi compiango: non sapete vivere quest'attimo [lett. in fuga]! Se (ora) tu ti addolori per la morte di tuo figlio, (sappi) che il (vero) delitto ? stato commesso il giorno in cui nacque; la morte, infatti, gli fu (gi?) annunciata all'atto della nascita [vale a dire che, nel momento in cui nasciamo, siamo gi? proiettati verso la morte]; fu generato a questo patto [ovvero, che sarebbe, un giorno, comunque morto]; questo (crudele) destino lo incalzava sin dal grembo (materno). Noi (tutti, al momento della nascita) siamo stati introdotti nel dominio, duro e ineluttabile, della Fortuna, destinati ad andare incontro, secondo il suo arbitrio, a cose degne e indegne. (La Fortuna) abuser? dei nostri corpi, in modo sfrenato, prepotente, crudele; gli uni (essa) brucer? con fuochi accesi per punire o curare; gli altri li umilier? - e l'umiliazione ora proverr? dal nemico, ora dallo stesso compatriota; altri ancora li getter?, nudi e indifesi, per mari tempestosi [incerta] e - dopo che essi avranno lottato con le onde - non approderanno certo su qualche spiaggia o lido, ma ingurgitati nel ventre di qualche gigantesco mostro (marino); altri (infine) li terr? sospesi a lungo tra vita e morte, esacerbati dalle malattie pi? varie. Come una padrona incostante e capricciosa [varia et libidinosa] elargir? senza criterio pene e premi [lett. sbaglier? in?], senza alcun rispetto per [neglegens] i suoi schiavi.
Trad. Bukowski
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