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Bukowski
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Re: Seneca, De clementia
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Data:
24/10/2002 23.37.04
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Seneca, Clemenza, V passim
So che presso gl'ignoranti [apud imperitos] la scuola stoica viene tacciata d'essere troppo inflessibile e non in grado di dare [minime daturam; nota l'uso particolare della perifrastica, qui] buon consiglio a principi e re. Le si rimprovera di [obicere alicui quod, idiomatico; rimproverare a qualcuno il fatto che?] negare che il saggio provi piet? e che perdoni. La qual cosa [haec, queste cose], presa di per s?, ? (effettivamente) biasimevole: sembra, infatti, che non lasci alcuna speranza (di riscatto) agli umani errori e che risolva ogni sbaglio (esclusivamente) in castigo. Se la cosa sta cos?, che razza di dottrina (morale) ? (mai), (una dottrina) che ingiunge [iubet] di spogliarsi [lett. disimparare] dell'umanit? e preclude il riparo pi? sicuro [certissimum, quello su qui si pu? fare pi? affidamento] - ovvero, il mutuo aiuto - contro la cattiva fortuna? In verit?, tuttavia, nessuna (altra) scuola ? pi? benevola e pi? indulgente (di quella stoica), nessuna ? pi? amante dell'umanit? e pi? attenta al vantaggio comune; tale che [ut] (essa) s'? proposta d'essere d'utilit? [esse usui alicui, idiomatico, essere utile a qualcuno] e d'aiuto [consulere auxilio], non soltanto a s?, ma all'intera comunit?, nonch? ad ogni singolo individuo.
Trad. Bukowski
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• Seneca, De clementia Re: Seneca, De clementia
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