Data:
05/11/2002 22.36.32
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Seneca, Consolazione a Polibio, XV passim
Eppure, il suo [riferito ad Augusto] cuore [pectus], ben capace di assorbire [lett. "capax", nel senso di "capiente" regge il genitivo; qui, ovv. figurato] ogni (cattiva) evenienza, riusc? a tollerare [cepit] (anche quei) lutti tanto numerosi e gravi, tal che il divo Augusto si rivel? vincitore non solo di popoli stranieri, ma anche dei dolori. Caio Cesare, nipote del divo Augusto, (ovvero) del mio prozio materno [il "magnus avunculus" ?, propriamente, il fratello della nonna materna; ti rammento che sta parlando l'imperatore Claudio] nei primi anni della sua giovinezza, "principe della giovent?" [titolo conferito ai rampolli imperiali] perse il suo amatissimo fratello Lucio, altro "principe della giovent?" [lett. ? della stessa?], durante l'allestimento della guerra contro i Parti: sub? un ferita nell'animo pi? profonda di quella subita in seguito al corpo; eppure, sopport? entrambe con grande devozione e coraggio. [Tiberio] Cesare, mio zio paterno, perse tra le braccia [in complexu], tra i (vani) baci [dati per il dolore dell'imminente distacco, s'intende], Druso Germanico, suo fratello minore e a me padre, al tempo in cui egli [Druso] stava penetrando le regioni pi? interne della Germania, conquistando al dominio di Roma popoli di ferocissima indole: e tuttavia, per s? e per gli altri, impose una misura [modum] al dolore, e richiam? l'intero esercito - che, triste e sgomento, reclamava il corpo del suo [dell'esercito; ovvero, del proprio condottiero] Druso - entro la discrezione del lutto tipica dei Romani [ad morem Romani luctus], ben pensando che bisognasse mantenere non solo la disciplina propria alla vita militare, ma (che dovesse imporsi) anche (una disciplina) al dolore. Ma egli non avrebbe potuto frenare le altrui lacrime, se prima non avesse soffocate le proprie.
Trad. Bukowski
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