Data:
06/11/2002 15.40.43
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Valerio Massimo, Detti e fatti memorabili, II 4, 1-2-3
Dopo aver trattato delle [lett. dalle] istituzioni militari, ritengo opportuno passare a (discorrere de)gli [proximus gradus faciendus est] "accampamenti urbani" [Valerio Massimo li chiama cos?, evidentemente, per analogia; vd. oltre], vale a dire ai teatri, (che ho definito "accampamenti urbani") dato che anche questi, spesso e volentieri [saepenumero], schierarono frange [acies] violente e in rivalit? [animosas] (tra loro) [pensa alle odierne tifoserie], e (pur essendo stati) escogitati per motivi di [causa + gen., costruzione idiomatica di causa] culto religioso [cultus (gen.) deorum] e di svago privato [delectationis hominorum], lordarono (tale) svago e (tale) culto col sangue dei cittadini [sanguine civili]: col pretesto di (offrire) spettacoli eclatanti [gratia + gen., costruzione idiomatica di causa], si gabbava vergognosamente la pace [lett. non senza una qualche vergogna?]. I suddetti spettacoli furono inaugurati sotto la censura di Messalla e Cassio; in seguito, su proposta di Publio Scipione Nasica, si decret? di mettere all'asta tutto l'apparato scenografico e, inoltre, con un senatoconsulto, si dispose [cautum est - caveo] che nessun cittadino dell'urbe o delle immediate vicinanze [propiusue passus mille] disponesse di posti a sedere per assistere ai ludi: e ci?, evidentemente, perch? fosse manifesta la virile capacit?, cos? tipica del popolo romano, di riposare la mente continuando ad esercitare il fisico [ovvero, stando alzati, come recita il testo; il passaggio, in verit?, ? un po' contorto]. Per un periodo di 558 anni, il senato assistette ai giochi frammisto alla plebe, fino a quando [lett. sed] gli edili Attilio Serrano e Lucio Scribonio - al tempo in cui organizzarono i ludi in onore della Madre degli d?i - abolirono tale consuetudine, seguendo l'indicazione [sententiam] dell'Africano Minore e discriminando, cos?, i settori adibiti al senato da quelli popolari. La qual cosa non fu gradita dalla plebe [avertit animum vulgi], e incrin?, di molto, il favore popolare accordato a Scipione.
Trad. Bukowski
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