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Mittente:
Bukowski
Re: SENECA:epistulae ad lucilium70,14-19   stampa
Data:
08/11/2002 19.35.40




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Seneca, Lettere a Lucilio, LXX, 14-19

[14] Invenies etiam professos sapientiam qui vim afferendam vitae suae negent et nefas iudicent ipsum interemptorem sui fieri: exspectandum esse exitum quem natura decrevit. Hoc qui dicit non videt se libertatis viam cludere: nihil melius aeterna lex fecit quam quod unum introitum nobis ad vitam dedit, exitus multos. [15] Ego exspectem vel morbi crudelitatem vel hominis, cum possim per media exire tormenta et adversa discutere ? Hoc est unum cur de vita non possimus queri: neminem tenet. Bono loco res humanae sunt, quod nemo nisi vitio suo miser est. Placet? vive: non placet? licet eo reverti unde venisti. [16] Ut dolorem capitis levares, sanguinem saepe misisti; ad extenuandum corpus vena percutitur. Non opus est vasto vulnere dividere praecordia: scalpello aperitur ad illam magnam libertatem via et puncto securitas constat. Quid ergo est quod nos facit pigros inertesque? Nemo nostrum cogitat quandoque sibi ex hoc domicilio exeundum; sic veteres inquilinos indulgentia loci et consuetudo etiam inter iniurias detinet. [17] Vis adversus hoc corpus liber esse? tamquam migraturus habita. Propone tibi quandoque hoc contubernio carendum: fortior eris ad necessitatem exeundi. Sed quemadmodum suus finis veniet in mentem omnia sine fine concupiscentibus? [18] Nullius rei meditatio tam necessaria est; alia enim fortasse exercentur in supervacuum. Adversus paupertatem praeparatus est animus: permansere divitiae. Ad contemptum nos doloris armavimus: numquam a nobis exegit huius virtutis experimentum integri ac sani felicitas corporis. Ut fortiter amissorum desideria pateremur praecepimus nobis: omnis quos amabamus superstites fortuna servavit. [19] Huius unius rei usum qui exigat dies veniet. Non est quod existimes magnis tantum viris hoc robur fuisse quo servitutis humanae claustra perrumperent; non est quod iudices hoc fieri nisi a Catone non posse, qui quam ferro non emiserat animam manu extraxit: vilissimae sortis homines ingenti impetu in tutum evaserunt, cumque e commodo mori non licuisset nec ad arbitrium suum instrumenta mortis eligere, obvia quaeque rapuerunt et quae natura non erant noxia vi sua tela fecerunt.

14 Troverai anche uomini che hanno fatto professione di saggezza e sostengono che non si debba fare violenza a se stessi; per loro il suicidio ? un delitto: bisogna aspettare il termine fissato dalla natura. Non si accorgono che in questo modo si precludono la via della libert?? Averci dato un solo ingresso alla vita, ma diverse vie di uscita ? quanto di meglio abbia stabilito la legge divina. 15 Dovrei aspettare la crudelt? di una malattia o di un uomo, quando posso invece sottrarmi ai tormenti e stroncare le avversit?? Ecco l'unico motivo per cui non possiamo lamentarci della vita: non trattiene nessuno. La condizione dell'uomo poggia su buone basi: nessuno ? infelice se non per sua colpa. Ti piace vivere? Vivi; se no, puoi tornare da dove sei venuto. 16 Contro il mal di testa sei spesso ricorso a un salasso; si apre una vena per diminuire la pressione del sangue. Non ? necessario squarciarsi il petto con una vasta ferita: ? sufficiente un bisturi ad aprire la via a quella famosa grande libert?: la serenit? dipende da un forellino. Cos'?, allora, che ci rende indolenti e inetti? Prima o poi dovremo lasciare questa dimora, ma nessuno di noi lo pensa. Ci comportiamo come inquilini di vecchia data che l'abitudine e l'attaccamento al posto trattiene anche in mezzo ai disagi. 17 Vuoi essere indipendente dal corpo? Abitalo come se stessi per trasferirti. Tienilo presente: questa convivenza verr? a mancare, prima o poi: sarai pi? forte di fronte alla necessit? di andartene. Ma se uno non ha limiti in tutti i suoi desideri come potr? venirgli in mente il pensiero della propria fine? 18 Non c'? cosa su cui si debba meditare come sulla morte; per altre evenienze ci si esercita forse inutilmente. Lo spirito si ? preparato alla povert?: e invece, siamo rimasti ricchi. Ci siamo armati per disprezzare il dolore: e invece, il nostro corpo si ? mantenuto fortunatamente integro e sano e non ha mai richiesto che mettessimo alla prova questa virt?. Ci siamo preparati a sopportare da forti il rimpianto di cari perduti; e invece, il destino ha tenuto in vita tutti quelli che amavamo. 19 La meditazione della morte ? l'unica che un giorno dovr? essere messa in pratica. Non pensare che solo i grandi uomini abbiano avuto la forza di spezzare le catene della schiavit? umana; Catone strapp? con le sue mani l'anima che non era riuscito a gittar fuori con la spada; non credere che possa farlo lui solo: uomini di infima condizione sociale si sono messi in salvo con straordinario impeto e, non potendo morire a loro agio e nemmeno scegliere il mezzo che volevano per darsi la morte, hanno afferrato quello che capitava sotto mano e con la loro violenza hanno tramutato in armi oggetti di per s? innocui.

Fonte: www.bibliomania.it
  SENECA:epistulae ad lucilium70,14-19
      Re: SENECA:epistulae ad lucilium70,14-19
 

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