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...:::Bukowski:::...
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seneca - clemenza
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Data:
13/11/2002 0.14.46
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Seneca, La clemenza, II, 6
1. Adice, quod sapiens et providet et in expedito consilium habet; numquam autem liquidum sincerumque ex turbido venit. Tristitia inhabilis est ad dispiciendas res, utilia excogitanda, periculosa vitanda, aequa aestimanda; ergo non miseretur, quia id sine miseria animi non fit. 2. Cetera omnia, quae, qui miserentur, volo facere, libens et altus animo faciet; succurret alienis lacrimis, non accedet; dabit manum naufrago, exsuli hospitium, egenti stipem, non hanc contumeliosam, quam pars maior horum, qui misericordes videri volunt, abicit et fastidit, quos adiuvat, contingique ab iis timet, sed ut homo homini ex communi dabit; donabit lacrimis maternis filium et catenas solvi iubebit et ludo eximet et cadaver etiam noxium sepeliet, sed faciet ista tranquilla mente, voltu suo. 3. Ergo non miserebitur sapiens, sed succurret, sed proderit, in commune auxilium natus ac bonum publicum, ex quo dabit cuique partem. Etiam ad calamitosos pro portione improbandosque et emendandos bonitatem suam permittet; adflictis vero et forte laborantibus multo libentius subveniet. Quotiens poterit, fortunae intercedet; ubi enim opibus potius utetur aut viribus, quam ad restituenda, quae casus impulit? Voltum quidem non deiciet nec animum ob crus alicuius aridum aut pannosam maciem et innixam baculo senectutem; ceterum omnibus dignis proderit et deorum more calamitosos propitius respiciet. 4. Misericordia vicina est miseriae; habet enim aliquid trahitque ex ea. Imbecillos oculos esse scias, qui ad alienam lippitudinem et ipsi subfunduntur, tam mehercules quam morbum esse, non hilaritatem, semper adridere ridentibus et ad omnium oscitationem ipsum quoque os diducere; misericordia vitium est animorum nimis miseria paventium, quam si quis a sapiente exigit, prope est, ut lamentationem exigat et in alienis funeribus gemitus.
Aggiungi che il saggio prevede <i casi> ed ha sempre pronto un consiglio: ora ci? che ? limpido e puro non viene mai da ci? che ? torbido. La tristezza ? incapace di distinguere le cose, di escogitare qualcosa di utile, di evitare i pericoli, di valutare esattamente <i danni>; dunque, il saggio non prova compassione, perch? ci? non pu? avvenire senza miseria nel suo animo. [2] Tutte le altre cose che voglio facciano coloro che hanno compassione, egli le far? spontaneamente e con animo elevato: porger? aiuto alle lacrime altrui, ma non vi parteciper?; tender? la mano al naufrago, offrir? ospitalit? all'esule, far? l'elemosina all'indigente, non per? quell'elemosina umiliante che getta sprezzantemente la maggior parte degli uomini che vogliono apparire misericordiosi, mentre provano disgusto per coloro che aiutano ed hanno paura di essere toccati: ma doner? come un uomo d? ad un altro uomo qualcosa che appartiene ad un patrimonio comune; doner? un figlio alle lacrime della madre, e ordiner? di sciogliergli le catene e lo sottrarr? ai giochi dell'arena e seppellir? nella terra il cadavere anche se ha commesso dei delitti: ma far? tutto questo con mente tranquilla, con <volto> immutato. [3] Dunque, il saggio non prover? compassione, ma soccorrer? e giover?, nato com'? per aiutare tutti e per contribuire al bene pubblico, del quale dar? una parte a ciascuno. Far? giungere la sua bont?, mantenendo la proporzione, anche a uomini dannosi e degni di riprovazione, ma suscettibili di miglioramento; assister? molto pi? volentieri le persone afflitte e sofferenti per la cattiva sorte. Ogni volta che sar? possibile, si opporr? all'avversa fortuna; dove potr? usare meglio le sue ricchezze o le sue forze che per rimettere in piedi quello che il caso ha abbattuto? Egli non chiner? il volto n? l'animo di fronte alla gamba stecchita di qualcuno o ad una magrezza rugosa o ad una vecchiaia che si appoggia al bastone: ma dar? aiuto a tutti coloro che ne sono degni e, come fanno gli d?i, guarder? con favore gli sventurati. [4] La compassione ? vicina alla miseria: ha, infatti, qualcosa di essa e partecipa della sua natura. Sappi che sono deboli gli occhi che, al vedere altri occhi malati di congiuntivite, si velano anch'essi di lacrime, e cos? pure che ? una malattia, e non allegria, il ridere sempre vedendo altri che ridono, e davanti ad ogni sbadiglio spalancare anche noi la bocca; la compassione ? un vizio degli animi che sono troppo spaventati dalla miseria: se uno la pretendesse dal saggio, sarebbe quasi come se gli richiedesse di effondersi in lamenti o di piangere ai funerali di persone estranee.
Trad. Bompiani
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