Data:
16/11/2002 19.21.04
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Cicerone, Lettere ai familiari, XIV, 4 passim e con qualche modifica
V'invio lettere meno spesso di quanto potrei; (in realt?) ogni circostanza per me ? alquanto triste, e per di pi? [at], quando vi scrivo o leggo le vostre lettere, mi sciolgo in lacrime. E chi potrebbe sopportare a lungo una situazione simile [lett. ci?]? Ah, volesse almeno il cielo che io fossi stato [fuissemus, pl. maiestatis, come il seguente] meno desideroso di vivere! Di certo, non avrei sofferto [lett. visto], durante la (mia) vita, alcun male, o almeno non cos? tanto [non multum] (quanto ne ho sofferto)! Se poi queste sventure sono destinate a non aver mai fine [sunt fixa, sono perenni], volesse il cielo ch'io ti (ri)veda al pi? presto e che muoia (finalmente) tra le tue braccia [in tuo complexu]! Mi sono trattenuto [continua il pl. maiestatis] a Brindisi per 13 giorni, ospite [apud?] di M. Lenio Flacco; chi (mi) ha (mai) offerto, con pi? sincerit? ed affetto [liberalius] di lui [quo], il diritto e il dovere dell'ospitalit? e dell'amicizia? Voglia iddio che, un giorno, io possa ricompensarlo! Gli sar?, comunque, sempre debitore! Partito da Brindisi, penso di recarmi [petimus; continua il pl. maiestatis] a Cizico, passando per la Macedonia. (Che far?) ora? Ti pregher? di raggiungermi, povera moglie (mia), minata (dai malanni) nello spirito e nel fisico? O non lo far? [lett. non ti pregher?], privandomi della tua vicinanza [sine te igitur sim]? Credo che far? cos? [ovvero, il II caso]. Se vi ? speranza nel mio ritorno, tu confermala e confortami [nota come Cicerone, invece dell'imperativo, utilizzi, per la seconda persona sing., congiuntivi esortativi]; se poi, come temo, la cosa ? disperata, fa' in modo di raggiungermi con qualunque espediente in tuo potere [quoquo modo potes]. Sappi questo soltanto: se ti avr? (accanto a me), non mi sembrer? di essere morto del tutto [suppongo "plane"]. Cerca di star bene [cura ut valeas], e credi(mi): la tua infelicit? mi rattrista pi? della mia.
Trad. Bukowski
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