Data:
17/11/2002 15.18.59
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Seneca, La clemenza, II, 2 passim
[2] Consentimi di soffermarmi pi? a lungo su questo punto, non per lusingare le tue orecchie (infatti, questa non ? mia abitudine: preferirei offendere dicendo la verit? che piacere adulando); e allora a che scopo? Oltre al fatto che desidero che ti siano molto ben familiari le tue azioni buone e le tue parole buone, perch? quello che ora ? natura e istinto diventi frutto di riflessione, io considero fra me e me che nella vita umana molti detti grandi, ma detestabili passano per veri, e sono costantemente stilla bocca di tutti, come quel famoso: Mi odino purch? mi temano, al quale ? simile il verso greco in cui uno ordina che, morto lui, la terra si mescoli col fuoco, e altre frasi dello stesso genere. [3] Ma, non so come, gli ingegni hanno saputo esprimere su temi mostruosi e odiosi, in cui erano pi? fecondi, pensieri energici e impetuosi; invece, non ho ancora sentito alcun detto appassionato che riguardi la bont? e la mitezza. E allora? Sar? pur necessario che tu, qualche rara volta, contro voglia e dopo molte esitazioni, scriva questo, che ti ha portato a odiare la scrittura, ma bisogna che tu lo scriva, come appunto fai, dopo molte esitazioni, dopo molti rinvii.
Trad. Natali
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