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19/11/2002 22.26.02
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Plinio, Lettere, I, 12 passim con modifiche
Corellio Rufo ? morto: si ? ucciso [quidem sponte], la qual cosa aggrava il mio dolore. Il genere di morte non provocata n? dalla natura n? dal fato [ma, ovvero, autoinferta col suicidio, s'intende] ? il pi? luttuoso: infatti, se la morte ? stata cercata volontariamente, il dolore (che ne proviene) ? irreparabile. Corellio ? stato spinto al suicidio bench? avesse pi? (buone) ragioni per vivere: una coscienza integerrima, una fama assoluta, un grandissimo prestigio, e inoltre una figlia, una moglie, dei nipoti, delle nipoti e degli amici sinceri. A 32 anni [lett. nel 33esimo anno della sua vita, non compiuto, dunque 32], era stato minato dalla podagra [dolore pedum], ed egli a lungo, con (grande) forza d'animo, l'aveva sopportata. Ma recentemente, oramai anziano, si ? trovato a dover sopportare [rendo cos? "sustinuit"] con un male diventato via via pi? intenso [ingravescentem], per quanto soffrisse [lett. avesse] incredibili dolori e tormenti davvero non meritati [indignissima]. Una volta che andai a trovarlo - giaceva a letto - (mi) disse: "Mi trovo a dover sopportare tanti acciacchi, oramai da tanto tempo, ma (vorrei) sopravvivere almeno un giorno a quel grande malfattore ch'? Domiziano!". Cos?, morto Domiziano, (Corellio) spezz? [hai saltato il verbo] i legami che lo tenevano ancora attaccato alla vita.
Trad. Bukowski
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