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22/11/2002 22.46.46
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Seneca, La brevit? della vita, 5
V. Marco Cicerone, sballottato tra i Catilina e i Clodii e poi tra i Pompei e i Crassi, quelli avversari manifesti, questi amici dubbi, mentre fluttuava assieme allo Stato e lo sorreggeva mentre andava a fondo, alla fine sopraffatto, non calmo nella buona sorte e incapace di sopportare quella cattiva, quante volte impreca contro quel suo stesso consolato, lodato non senza ragione ma senza fine! Che dolenti parole esprime in una lettera ad Attico, dopo aver vinto Pompeo padre, mentre in Spagna il figlio rimetteva in sesto le armate scompaginate! "Mi domandi" dice "cosa faccio qui? Me ne sto mezzo libero nel mio podere di Tuscolo". Poi aggiunge altre parole, con le quali rimpiange il tempo passato, si lamenta del presente e dispera del futuro. Cicerone si defin? semilibero: ma perdiana giammai un saggio si spinger? in un aggettivo cos? mortificante, giammai sar? mezzo libero, sar? sempre in possesso di una libert? totale e assoluta, svincolato dal proprio potere e pi? in alto di tutti. Cosa infatti pu? esserci sopra uno che ? al di sopra della fortuna?
Trad. Aiace1947, supertutor www.discipulus.it
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