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Mittente:
bukowski
Re: versione Seneca   stampa
Data:
30/11/2002 3.57.58




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C'? una gran quantit? di cose priva di un nome (adatto a designarle), (cose cio?) che designiamo con termini impropri, ma invero pertinenti ad altre ed adattati: (ad esempio) chiamiamo "piede" sia il nostro (arto) che (l'estensione) del letto e (la misura) del componimento poetico, (mentre col termine) "cane" (significhiamo) sia il segugio [lett. (l'animale) da caccia], sia l'animale marino [nella fattispecie: il pescecane], sia la costellazione [quella del Cane, appunto]; dato che non possediamo a sufficienza termini specifici atti a designare singole cose, talora ? opportuno ricorrere a prestiti (da termini di altri contesti). (Il termine) "fortitudo" [grosso modo, il coraggio] sta ad indicare quella qualit? [virtus] che tiene in poco conto [contemnens] i pericoli fondati [iusta] o, parimenti, la capacit? [scientia] di tenere lontani, di affrontare, di sfidare i pericoli (stessi); eppure, del gladiatore, diciamo ch'? un uomo coraggioso mentre del servo (diciamo) che ? uno stupido [nequam, indeclinabile], l'uno e l'altro [in effetti, il "quem" viene riferito logicamente sia al gladiatore che al servo] spinti dalla temerariet? al disprezzo della morte [lett. la costr. ? all'attivo]. In realt?, si tratta di qualit? differenti (ch'essi posseggono), ma succede che - in virt? della suddetta penuria di termini - l'uno venga detto "fortis" perch? sdegna le eventualit? pericolose con consapevolezza, e questo venga detto "nequam" [suppongo tu lo abbia saltato] perch? si caccia nei pericoli con sconsideratezza.

Trad. Bukowski
  versione Seneca
      Re: versione Seneca
 

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