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bukowski
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Re: Versioni Seneca
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Data:
05/12/2002 1.33.40
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Seneca, La clemenza, III 24 passim
[4] Quegli animali privi di ragione e da noi condannati per la loro ferocia si astengono dagli animali della loro specie, e cos? la somiglianza esteriore ? una garanzia: la rabbia dei tiranni non risparmia neppure le persone a loro prossime, anzi mette sullo stesso piano gli estranei e i suoi, e si eccita tanto pi? quanto pi? si esercita. Poi dalle uccisioni di singoli individui si estende fino all'annientamento di interi popoli, e reputa che sia dimostrazione di potenza l'appiccare fuoco alle case e il far passare l'aratro sopra antiche citt?; e crede che l'ordinare di uccidere solo una o due persone si addica poco alla dignit? imperiale e, se un gregge di infelici non ? esposto nello stesso tempo ai <suoi> colpi, pensa che la propria crudelt? sia costretta entro limiti angusti. [5] La felicit? cos? celebrata consiste nel dare la salvezza a molti, nel richiamare alla vita dal seno della morte stessa, nel meritare con la clemenza la corona civica. Nessun ornamento ? pi? degno del rango di un principe, nessun ornamento ? pi? bello di questa corona ?per aver salvato i cittadini?: n? le armi nemiche sottratte ai vinti, n? i carri macchiati del sangue dei barbari, n? le spoglie conquistate in guerra. Potenza divina ? salvare in massa e tutto un popolo; uccidere molti e senza discriminazione ? la potenza degli incendi e dei crolli.
Trad. A. Marastoni
Seneca, Consolazione a Marcia, XV
15, I. A ch? ricordarti funerali degli altri Cesari? mi sembra che a volte la fortuna li oltraggi con questo scopo, affinch? anche cos? giovino al genere umano, mostrando come neppure coloro che pur si dicono "nati da dei e destinati a generare dei?, hanno cos? in loro potere la propria fortuna come hanno l'altrui. 2. Il divino Augusto, persi figli, nipoti, una volta esaurito il grande numero dei Cesari, con un'adozione puntell? la sua casa desolata: sopport? tuttavia con quel coraggio che si addiceva a chi era gi? in causa e cui massimamente conveniva che nessuno si lamentasse degli dei. 3. Tiberio Cesare perse e colui che aveva generato e colui che aveva adottato: tuttavia lod? personalmente il figlio davanti ai rostri e rimase in piedi ben in vista, il cadavere sotto i suoi occhi con un solo velo frapposto, che tenesse lontani dalla morte gli occhi del pontefice; e mentre il popolo romano piangeva, non pieg? il volto: si offr? in prova a Seiano, che in piedi gli stava di lato, di quanta sopportazione fosse capace nella perdita delle persone care. 4. Vedi quanto grande numero ?i sia di uomini grandissimi che non furono catturati da questa evenienza, che tutto abbatte, e nei quali pur erano stati accumulati tanti beni spirituali, tanti onori privatamente e pubblicamente. Ma, evidentemente, se ne va a vortice questa tempesta e senza scelta devasta tutto e lo spinge come fosse cosa sua. Invita ciascuno a fare i conti: a nessuno tocc? in sorte di nascere impunemente.
Trad. G. Viansino
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