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bukowski
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Re: Cicero, Seneca
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Data:
06/12/2002 13.30.51
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Cicerone, De Finibus, III, 7
Mi trovavo, dunque, nella mia villa di Tuscolo [lett. poich? mi trovavo?; sciolgo il "cum" per scorrevolezza del racconto] e volevo consultare certuni libri dalla biblioteca del giovane Lucullo; mi recai, allora, nella sua villa, per prenderli di mia mano [ipse, io stesso], come mio solito. Giuntovi, scorsi in biblioteca Catone - non sapevo che si trovasse l? - ch'era seduto in mezzo a [lett. circondato da] una caterva di libri di (filosofi) stoici. Era, infatti, tutto preso dalla lettura - come (ben) sai (essere tipico di lui) - n? poteva essere infastidito, dal momento che ? uno che soleva spesso sprofondarsi nella lettura nella stessa curia - incurante di qualsivoglia accusa, rivoltagli dal volgo, di pensare ad altro [rendo cos? "reprehensionem inanem"], mentre il senato era in riunione; comunque, in realt?, non veniva meno alla sua responsabilit? nei confronti dello Stato. Tanto pi?, allora - oramai disimpegnato dai pubblici affari, con tanta disponibilit? - sembrava, come dire [quasi], "divorare" i libri, se l'espressione ? consentita in un contesto cos? elevato.
Trad. Bukowski
Seneca, Consolazione a Marcia, 16 passim
16,1. So che cosa dici: "Ti sei dimenticato che consoli una donna, riferisci esempi di uomini". Ma chi ha detto che con i caratteri delle donne la natura si ? comportata in modo avaro e che ha ristretto in breve spazio le loro buone qualit?? uguale ? in loro, credi a me, il vigore, uguale la facolt? - (se) pur lo vogliano - di comportamenti convenienti; dolore e fatica - se ci si abituano - li sopportano ugualmente. 2. In quale citt?, o buoni dei, diciamo questo? in quella citt? in cui cacciarono il re dal collo dei Romani Lucrezia e Bruto: a Bruto dobbiamo la libert?, a Lucrezia Bruto; in quella citt? in cui, per non aver tenuto conto alcuno del nemico e del fiume, in ricompensa dell'insigne temerariet?, c'? mancato solo che scrivessimo Clelia fra gli uomini: sedendo su una statua equestre nella Via Sacra, luogo frequentatissimo, Clelia rimprovera ai nostri giovani, che salgono sui cuscini della lettiga, di entrare in questo modo nella citt?, in cui anche alle donne donammo il cavallo. 3. Se poi vuoi che ti porti esempi di donne che coraggiosamente sentirono la nostalgia per i loro cari, non andr? a cercare porta a porta; da una sola famiglia ti citer? le due Cornelie: la prima, figlia di Scipione, madre dei Gracchi. Pass? in rassegna i suoi dodici figli in altrettanti funerali; e per gli altri, si tratta di poca cosa, la citt? non si accorse n? che erano nati n? che erano perduti; ma Tiberio e (Gaio), che anche chi dir? che non furono persone dabbene, riconoscer? come grandi, li vide uccisi ed insepolti. A chi la consolava e la diceva infelice, rispose tuttavia: "Mai dir? non felice me, che ho partorito i Gracchi". 4. Cornelia, moglie di Livio Druso, il figlio, famosissimo giovane, di ingegno illustre, muoventesi per le orme lasciate dai Gracchi, che senza aver portato a termine tante proposte di legge fatte fu ucciso in casa sua, lo aveva perduto e non si conosceva il colpevole dell'uccisione. Tuttavia, sopport? la morte e prematura ed invendicata del figlio con animo tanto grande quanto quegli aveva presentato le proposte di legge.
Trad. G. Viansino
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• Cicero, Seneca Re: Cicero, Seneca
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